
Un aneddoto per cominciare. Quando fu pubblicato Io e Henry di Jonathan Ames si pensò subito che i documentaristi Shari Springer Berman e Robert Pulcini, autori del fortunatissimo American splendor, fossero le persone più adatte a realizzarne un adattamento per il grande schermo, ma sfortunatamente, quando la coppia di registi ebbe fra le mani il libro, era impegnata in un altro progetto. Un anno dopo Stephanie Davis, la manager e produttrice di Ames, doveva spedire ai due un altro testo dello scrittore ma per sbaglio confuse le buste e inviò nuovamente Io e Henry. Si deve a questo errore la trasposizione cinematografica di Un perfetto gentiluomo, divertente commedia dai toni grotteschi e dolce-amari interpretata da un cast eccezionale in cui si distinguono il volto profondamente espressivo di Paul Dano (giovane attore visto in numerose pellicole di qualità fra cui Little Miss Sunshine, Il petroliere e Nel paese delle creature selvagge), l’istrionico Kevin Kline e una Katie Holmes particolarmente in forma. In parte autobiografica, la storia racconta le vicende di Louis Ives (Paul Dano), un semplice professore di inglese che viene mandato via dalla scuola di Princeton nella quale insegna perché sorpreso mentre indossava un baby-doll sottratto ad una sua collega. Superata l’imbarazzante situazione Louis decide di trasferirsi a Manhattan per coltivare la sua passione di aspirante scrittore. Va dunque ad abitare con un certo Henry Harrison (Kevin Kline), uomo apparentemente raffinato e colto che per sbarcare il lunario svolge la professione di “extra man”, un accompagnatore per facoltose e ricche donne anziane. Il ragazzo rimane affascinato da questo strano individuo e cerca in parte di eguagliarlo nonostante alcune evidenti stranezze, nel frattempo accetta un lavoro presso una rivista ambientalista dove conosce e si invaghisce di Mary (Katie Holmes) e inizia a frequentare una dominatrice che gli insegna a travestirsi. Louis è uno di quegli individui persi, l’intera trama di Un perfetto gentiluomo ruota intorno allo stato confusionale di un ragazzo che a causa della sua estrema sensibilità viene continuamente investito dalla vita. A ciò si aggiungono un’introversione di fondo e forti dubbi sulla propria persona amplificati da quell’impulso irrefrenabile nei confronti del travestitismo. L’incontro con l’estremismo cattolico e conservatore di Henry, la particolare amicizia che si instaura fra i due e l’iniziazione alla professione di extra man gli aprono nuovi orizzonti e al contempo lo mettono di fronte a se stesso e a momenti di crisi. Un’idea di fondo stimolante e una sceneggiatura originale e a tratti esilarante che purtroppo, però, si perdono con l’avanzare della narrazione. Sebbene si intuisca fin dalle prime inquadrature che il film goda di una fattezza di un certo livello, il problema principale è che infine non si riesce proprio a capire dove siano voluti andare a parare Berman e Pulcini. Il percorso di Louis infatti sembra non portare da nessuna parte (sarà questo l’intento?) troncato com’è da un finale che desta profondi dubbi su ciò che si è appena visto senza risolvere nessuna delle problematiche introdotte. Qual è il significato finale di Un perfetto gentiluomo? Si tratta forse di un non-sense cinematografico? Troppe domande che ne compromettono la riuscita poiché anche le non risposte hanno bisogno di una loro intrinseca giustificazione.