Quando due paesi entrano in guerra, quando due popoli sono costretti a scontrarsi, e culture diverse devono obbligatoriamente fondersi in una, allora non può esistere una legge. O forse sì: quella del più forte. Uomini senza legge, il nuovo film di Rachid Bouchareb, acclamato regista di Days of Glory, racconta il travagliato cammino algerino verso la conquista dell’indipendenza dal dominio francese. La pellicola, proprio come la precedente, parla dello sgretolamento di una famiglia, sullo sfondo di un’Algeria invasa dai soldati della Grande Guerra. Tre fratelli costretti a prendere strade diverse, si impegnano a rincontrarsi, un giorno, proprio in terra nemica: a Parigi. E così, prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, Messaoud (Roschdy Zem), Abdelkader (Sami Bouajila) e Saïd (Jamel Debbouze) mantengono la promessa. Il primo è un ex soldato dell’esercito che ha bisogno di crearsi una famiglia per mandare avanti la stirpe; il secondo è un uomo intelligente e carismatico che, credendo fermamente nel diritto alla libertà, fonda il partito indipendente algerino divenendone il leader; e il terzo, un profittatore “testa calda”, si arricchisce sfruttando la prostituzione, i night club e il pugilato. Mentre i primi due si fanno portavoce del diritto all’uguaglianza e alla libertà di ogni cittadino, rinunciando a tutto e basando la loro ribellione esclusivamente sull’atto della rivoluzione, Saïd lavora nell’ombra, assecondando il governo francese e rinnegando, così, la sua vera identità. Bouchareb porta il pesante fardello di una storia dolorosa e difficile da raccontare, chiamando in causa diretta lo spettatore. Sarebbe stato troppo facile, infatti, trasporre storicamente una vicenda studiata su un libro di storia. Meglio dunque trovare un escamotage che permetta al pubblico di sentirsi emotivamente coinvolto. I tre protagonisti, in realtà, sono essenzialmente personaggi positivi e buoni (per quanto possibile) che diventano spietati per “una giusta causa”. Se ricorrono alle fucilate, alla ghigliottina e al soffocamento tramite spago, è solo per far crollare il corrotto sistema francese colpendolo con le sue stesse armi (scorrette). E tra il palese richiamo a Il padrino, ai gangster-movie, e l’ammiccamento ad una violenza necessaria, il regista sfodera l’arma di un montaggio veloce che alleggerisce la pesantezza di avvenimenti già conosciuti. E in un mondo corrotto, dove la guerra regna sovrana, dove non c’è amore né pietà, allora, non c’è posto nemmeno per la musica, quasi completamente assente per l’intera durata della pellicola; sono i rumori d’ambiente a regnare sovrani: grida, gemiti, urla di dolore, lacrime. Uomini senza legge è una pellicola ben riuscita che coinvolge e commuove senza scadere nel gretto patetismo.