Nel Sud del Marocco degli anni quaranta si svolge la tormentata storia d’amore fra il mercante di stoffe Alessandro (Sebastiano Somma) e la bella Najiba (Emanuela Garuccio) promessa sposa di Omar, figlio del proprietario dell’officina di seta che Alessandro cerca di riavviare. La passione fra i due è travolgente ma allo stesso tempo pericolosissima per la ragazza che, a causa delle tradizioni del suo popolo, rischia perfino la vita. Una storia d’amore impossibile, ricordata in un lungo flashback da Marco (Marco Luca Capuano) e Luisa (Luisa Patrizia Pezza), due giovani italiani ritrovatisi moltissimo tempo dopo in Marocco ed entrambi alla ricerca di un vecchio medaglione legato inscindibilmente ad un uomo ormai vecchio. Tormentata la realizzazione di Il mercante di stoffe, terzo lavoro del regista e sceneggiatore Antonio Baiocco dopo Sulle ali della follia e Passaggio per il paradiso. Il progetto è infatti partito nel 2005 con un finanziamento da parte del Ministero per i beni e le attività culturali ma è stato successivamente sospeso a causa di una serie di difficoltà legate alla precedente produzione. A quanto pare è stata la testardaggine dell’attore protagonista Sebastiano Somma a permetterne finalmente la conclusione. Baiocco porta la televisione al cinema nel tentativo di narrare una storia dal sentore favolistico sulla base della diversità culturale fra Islam e Occidente, mettendo dunque a confronto due universi divergenti, uniti dal sentimento amoroso e aspirando al perseguimento di una magia e di una poetica che scadono solo in una tremenda banalità fittizia. Il mercante di stoffe ha tutte le carte in regola per rientrare nella mediocrità standard della fiction italiana; da nessun punto di vista può essere considerato un film per il cinema. Prescindendo dal fatto che la maggior parte del cast proviene dal piccolo schermo, la pellicola di Baiocco rivela fin dalle prime battute tutti i limiti della sua messa in scena: sceneggiatura e regia semplicistica e scontata, interpretazioni che lasciano spesso a desiderare, un utilizzo della musica drammaticamente forzato e un ritmicità monocorde anche nei momenti di maggior pathos. A nulla servono le suggestive atmosfere del Marocco, l’attenzione dedicata all’importante tematica della violenza sulle donne e l'attraente romanticismo fiabesco, se non si dispone degli strumenti necessari per permettere ad una pellicola di varcare i tendaggi di una sala cinematografica.