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Scrivimi fermo posta

22/05/2011 10:00

Antonella Sugameli

Recensione Film,

Scrivimi fermo posta

Ci sono pochi film che riescono a mantenere viva l’attenzione dall’inizio alla fine, senza alcun calo di interesse, ma piuttosto con la curiosità sempre allerta

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Ci sono pochi film che riescono a mantenere viva l’attenzione dall’inizio alla fine, senza alcun calo di interesse, ma piuttosto con la curiosità sempre allerta di spulciare, fotogramma dopo fotogramma, immagini e parole, che così perfettamente combinate di rado si trovano. Solo nei romanzi, forse, laddove l’immagine è lasciata all’occhio del lettore e la parola all’abilità dello scrittore.


Alfred (James Stewart) e Klara (Margaret Sullavan) non si sono mai visti, tra loro un fitto e palpitante scambio di lettere attraverso le quali si sviluppa, si accresce dialetticamente l’interesse reciproco. “L’attesa è un delirio” scrive Roland Barthes in Frammenti di un discorso amoroso. Il soggetto e l’oggetto d’amore, facce della stessa medaglia, si rincorrono, si ricercano, come il cacciatore suole fare con la preda. Lubitsch, trasforma l’attesa in gioco per i protagonisti, che pur lavorando nello stesso negozio e mal sopportandosi reciprocamente, non immaginano neppure di essere l’uno l’oggetto d’amore dell’altro. Il discorso d’amore ripreso dal regista, si svolge “nella bottega dietro l’angolo” gestita dal signor Matuschek (Frank Morgan), uomo di sani principi e di buon cuore. Alfred e Klara si danno appuntamento una sera ad un caffé, porteranno entrambi, in segno di riconoscimento, un garofano rosso e Klara il romanzo di Tolstoj “Anna Karenina”. Klara è seduta ad un tavolino ed Alfred, riconoscendola da lontano, non si presenta come l’uomo misterioso della corrispondenza, bensì come se stesso. Delusa Klara, riversa nel mal capitato tutta la sua rabbia e la sua frustrazione. Una sera, il signor Matuschek scopre di essere tradito dalla moglie e licenzia il suo migliore impiegato, Alfred, nutrendo su di lui profondi dubbi. L’intervento di Pepi, riporterà Alfred in negozio, e non come semplice addetto alle vendite, bensì come direttore del negozio e la notte della vigilia di Natale sarà per tutti un giorno indimenticabile. Lontana dall’essere una tragedia shakesperiana, il lungometraggio pullula di dialoghi esilaranti e di personaggi indimenticabili come il fattorino Pepi interpretato dall’attore William Tracy, il signor Matuschek e Alfred, interpretato da un giovane James Stewart.


La pellicola è un concentrato di buon umore e buone maniere, gli attori si muovono completamente a loro agio nei rispettivi ruoli, confezionati da un esperto dell’haute couture cinematografica, quale è Lubitsch. La sua carriera cinematografica iniziò come attore prima e solo dopo dietro la macchina da presa. Uno dei primi ruoli fu il commesso in un negozio di scarpe, figura tanto cara al regista. Che Alfred sia l’alter ego del cineasta nel film, la sua firma all’interno della pellicola? Ciò che è certo è che non a caso si parla di "tocco alla Lubitsch", per quella sua capacità di saper dosare umorismo e seduzione, e se, come disse qualcuno “l’intrattenimento puro è merce rara”, allora The shop around the corner non solo lo è, ma rimane inimitabile e di incredibile attualità. Il film del 1940, prende le mosse dalla commedia Parfumerie del 1937 del commediografo ungherese Miklós László. La capacità registica di Lubitsch e la corposità di una sceneggiatura impeccabile scritta da Samson Raphaelson, fanno del film un capolavoro del genere, punto di riferimento per il musical con Judy Garland e Michey Rooney dal titolo Gli innamorati sconosciuti e She loves me (musical del 1963), oppure per il remake C’è posta per te di Norah Ephron del 1998 con Tom Hanks e Meg Ryan.


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