Nella Napoli del 1960 giungono tre americani intenzionati a rubare il mirabile tesoro di San Gennaro, del valore accreditato di 30 miliardi di lire. La città è piena di vivacità , caciarona, solare, invadente, amicona, ideale insomma per una vacanza spensierata, ma decisamente disadattata per un colpo che vuole essere di perfetta precisione. I tre, tramite l’amicizia del capobanda Jack con Don Vincenzo (uno splendido Totò al suo terzultimo film), vecchio re indiscusso della criminalità partenopea, e l’avvenenza di Maggie (Senta Beger), procace bellezza americana, riescono a entrare in contatto con Armandino Girasole detto Dudù (Nino Manfredi), una delle migliori nuove leve tra i mariuoli della cittadina, e lo assoldano per coadiuvarli nella realizzazione del colpo. Mentendogli all’inizio sulla natura del colpo che intendono realizzare, sono costretti a rivelarlo a Dudù - interessato più a fare lo splendido con Maggie che al colpo in sé - quando Frank, il loro terzo compare, muore dopo essersi ingozzato di cozze a un banchetto. Il ladro di buoncuore accetta dopo aver avuto il via libera di San Gennaro stesso e di Don Vincenzo, ma la pellicola, che a qualcuno ha ricordato I soliti ignoti, si chiude con una girandola di avventura che riporterà gli ori al santo patrono. Tra una gag e l’altra, tutte basate sulla serietà e laboriosità degli americani contrapposte alla nullafacenza e alla vivace e vitale caoticità di Napoli la pellicola raggiuge vette memorabili in più punti, tanto che ancora oggi è una delle commedie più apprezzate di Dino Risi. Il merito di ciò va anche all’accoppiata Manfredi/Totò che nel piccolo universo di mariuoli napoletani esistono nella stessa modalità in cui esistevano in quello reale della commedia all’italiana degli anni sessanta: uno, vecchio re ancora di travolgente vitalità , l’altro giovane pieno di brio e esuberanza. Decisamente una pellicola da vedere dunque, per novanta minuti di piacevole svago ma anche per essere travolti dalla vitalità e gioiosità degli anni d'oro della commedia all’ombra del Vesuvio.