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Nauta

27/05/2011 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Nauta

Bruno (David Coco) è un docente universitario, caduto in uno stato di apatia dopo l'abbandono della moglie Sara (Monica Ward)...

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Bruno (David Coco) è un docente universitario, caduto in uno stato di apatia dopo l'abbandono della moglie Sara (Monica Ward). Alla soglia dei quarant'anni, Bruno insegue delle teorie New Age, che situano l'uomo all'interno di un disegno armonioso con la natura. Quando viene a sapere che il suo dipartimento ha la possibilità di usufruire di alcuni fondi per la ricerca, Bruno decide di scrollarsi di dosso la sua depressione e parte alla volta di La Galite, isola del mediterraneo dove l'amico Paolo (Giovanni Esposito) dichiara di aver assistito ad uno straordinario fenomeno naturale. Sulla barca "Mariella", Bruno troverà Davide (Luca Ward), vecchio compagno d'avventure, Laura (Elena di Cioccio) biologa "raccomandata", Max (Massimo Andrei) marinaio omosessuale e Lorenzo (Paolo Mazzarelli), aitante giovane amante degli sport estremi. Sullo sfondo di un mare cristallino, le vite di questi personaggi si intrecciano in ricordi e confessioni, fino all'arrivo sull'isola di La Galite dove tutto è possibile.


Nauta, opera prima di Guido Pappadà è, prima di tutto, un inno al mare, quella vasta coltre d'acqua che rende liberi e insieme imprigiona. Per due terzi della sua durata, Nauta si dispiega sulla superficie marina, facendo perdere agli spettatori qualsiasi punto di riferimento spaziale. Persi nel Mediterraneo, gli sguardi spettatoriali sono costretti a concentrarsi sulle vicende che legano i personaggi, i quali, velocemente, diventano il fulcro diegetico intorno al quale tutto ruota. Allora l'isola di La Galite e il fenomeno naturale che Bruno rincorre diventano dei semplici nuclei narrativi utili a mandare avanti una trama che ha il suo punto di forza nel microcosmo creato sulla Mariella, la barca a vela che è stata capace di riunire sotto lo stesso tetto di stelle persone tanto diverse tra di loro. Quello di Pappadà è, soprattutto, un road movie, dove l'elemento più importante non è il conseguimento di un obiettivo, quanto il viaggio intrapreso per raggiungere quell'obiettivo. E alla fine, quando tutti sono pronti a tornare a casa, ognuno si rende conto di essere cambiato, in un modo o nell'altro. Dal marinaio che fa outing, esplodendo in un numero cabarettistico da drag-queen, al lupo di mare che finalmente trova le sue radici.


Con una fotografia stupenda e dei lunghi inserti di computer grafica che ben simulano la realtà, Nauta si propone come universo fantastico o comunque fiabesco, capace di veicolare morali e messaggi senza alcun bisogno di indossare gli abiti di un film di denuncia. Questa chiara scelta stilistica si palesa anche attraverso una manipolazione dei colori, che sono più accesi e più brillanti di quanto siano nella realtà e che rappresentano un universo diegetico che si pone al di là di qualsiasi razionalizzazione. Peccato che poi questo mondo da fiaba scivoli nella ridondanza New Age che, a lungo andare, indispettisce lo spettatore. Ambientato nel 1993, di certo il film si colloca in un contesto culturale in cui il New Age la faceva da padrone, soprattutto per esorcizzare le paure adamitiche portate dall'avvento del nuovo millennio. Tuttavia la quantità di nozioni e idee di questa corrente filosofica è spropositata; rubano, infatti, spazio a delle caratterizzazioni più complete e profonde dei vari personaggi che in questo modo, invece, rimangono sospesi a metà strada tra il personaggio e la macchietta.


Buona la prova istrionica del cast, su cui brilla Luca Ward, scontroso e insieme sornione capitano della Mariella. Al suo fianco si muove un gruppo di attori abbastanza nella parte. Specialmente David Coco che riesce talmente bene a insinuarsi nei panni apatici di Bruno da apparire insopportabile per chi siede in poltrona. Menzione d'onore per Massimo Andrei, assolutamente adorabile nei panni del marinaio omosessuale - imperdibile il suo balletto da sirena. Piacevole dubutto anche per la "iena" Elena di Cioccio che, abbandonati gli smoking scuri e i colleghi del programma Mediaset, si getta in un'avventura anche stavolta completamente maschile, riuscendo a sostenere con dignità la parte dell'ennesima donna intorno ai quaranta con crisi d'identità e mancanza di autostima. Nel complesso Nauta è un prodotto che non dispiace, ma pecca di eccessivo nozionismo, e, a lungo andare, di pedanteria.


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