Dominic Sena, già regista di Codice: Swordfish e Fuori in 60 secondi, dirige Nicolas Cage e Ron Perlman in questo L’ultimo dei templari, un film d’avventura in costume con toni gotici e risvolti horror. Behmen (Nicolas Cage) e Felson (Ron Perlman) sono due crociati che hanno partecipato alle più sanguinose battaglie, distinguendosi per eroismo e furia guerriera, fino a quando, coinvolti in una vera e propria strage di innocenti, decidono di abbandonare le fila e tornarsene a casa, per non servire mai più la causa di una Chiesa che non sembra rendere davvero conto a Dio delle sue azioni. I lunghi anni passati lontano non hanno consentito loro di avere notizie di quanto stesse avvenendo in patria, dove i due cavalieri trovano una furiosa pestilenza a decimare la popolazione. Essendo dei disertori, appena riconosciuti dalle autorità, i due vengono portati al cospetto del cardinale di Marburg (Christopher Lee), che offre loro una via per redimersi: scortare una presunta strega (Claire Foy), accusata di essere la causa della peste, fino ad una lontana abbazia dove sarà giudicata per i suoi peccati. Behmen e Felson accettano l’incarico e partono, in compagnia di un prete, una guida e un terzo cavaliere, per poi essere raggiunti da un giovane che spera di farsi valere e divenire a sua volta cavaliere. Il viaggio, naturalmente, si rivelerà ricco di insidie e quanto aspetta il gruppo alla fine del viaggio è qualcosa che nessuno di loro si sarebbe mai augurato di dover affrontare. Seppur sia evidente che il budget a disposizione della produzione non fosse molto elevato, la realizzazione di questo film, salvo un macroscopico errore negli ultimi minuti, è stata curata con attenzione, rendendolo un prodotto superiore alle aspettative: la storia si sviluppa mantenendo un ritmo piuttosto costante, alternando azione a dialoghi e avvalendosi di un’atmosfera gotica molto efficace, oltre che di elementi horror che stupiscono soprattutto nelle primissime scene. Sul piano attoriale, tanto Cage che Perlman sono ben calati nelle rispettive parti e tengono bene lo schermo, sebbene siano Stephen Campbell Moore, interprete del prete che accompagna i cavalieri, e Claire Foy, la strega, a risultare i personaggi più interessanti e sfaccettati, ambigui in modi diametralmente opposti. È curioso come in un film prettamente d’azione, il tema della fede e le critiche all’istituzione della Chiesa risultino così marcate: il personaggio di Cage, in particolare, rappresenta il dubbio, la fede messa in discussione dal senso di colpa, che cerca di sopire con azioni che reputa buone non più sulla base di un giudizio esterno, ma solo sulla base della propria morale. Il prete è invece la voce di una fede incrollabile, che a dispetto degli orrori di cui la Chiesa ha saputo macchiarsi, non dubita che il fine ultimo sia effettivamente servire Dio. In tutto questo si insinua l’ambiguità della strega, le cui azioni sono apparentemente incongruenti, non riconducibili a distinzioni manichee fra bene e male. Un film complessivamente più godibile di quanto non ci si aspetterebbe, in cui la pecca peggiore è forse la scelta di un titolo italiano assolutamente che nulla c’entra con i contenuti.