“Un film di Woody Allen” è una marca al giorno d’oggi capace di definire un’opera cinematografica, dando al pubblico le coordinate necessarie per inquadrare subito quanto andranno a vedere. Eppure questo ha un che di paradossale, perché in una lunghissima carriera, che annovera 46 film solo nella lista di quelli da lui diretti, Allen ha esplorato una notevole varietà di generi, tematiche, prospettive, tale che se l’impresa fosse stata tentata da altri, difficilmente sarebbe stata così evidente l’impronta autoriale che contraddistingue i film del regista newyorkese. La formula magica che permette ad Allen di essere sempre se stesso a prescindere dal tipo – e dalla qualità finale – di film realizzato è probabilmente troppo complessa per essere definita in modo particolareggiato, ma trova sicuramente le proprie componenti principali nella sua visione pessimistica, fobica e al contempo estremamente ironica dell’esistenza, nella costante ricerca della perfezione espressiva e insoddisfazione del risultato e nella capacità di trasporre su schermo una lucida analisi dell’essere umano, sia essa espressa nei termini della commedia, del thriller o del musical.
pPersonalità dalle molteplici abilità artistiche, bWoody Allen/b non resterà nella storia soltanto per la propria produzione cinematografica, ma è sicuramente a questa che Silenzio in Sala deve e vuole fare principalmente riferimento. La vis comica è l’elemento portante di molte pellicole, soprattutto degli esordi, ma anche la sensibilità, il romanticismo, la poesia sono elementi altrettanto peculiari delle sue messe in scena, così come la capacità di guidare i propri attori verso vette che hanno fruttato importanti riconoscimenti a molti di loro. Attraverso film che spaziano da a href="/recensione-prendi-i-soldi-e-scappa.html"Prendi i soldi e Scappa/a a a href="/recensione-stardust-memories.html"Stardust Memories/a, passando per Io e Annie fino ad arrivare a Match Point e a href="/recensione-midnight-in-paris.html"Midnight in Paris/a , Allen ha saputo trasporre in immagini, e spesso in battute che hanno la potenza di aforismi, la varietà delle condizioni umane, raramente in maniera banale, al massimo non pienamente riuscita./p
pUn recente documentario, la cui a href="/recensione-woody.html"recensione potete trovare qui su SiS/a, ha cercato di esplorare, con discreto successo, il percorso e le complessità di questo personaggio così rilevante per la storia del cinema; un artista ultra-settantenne che ha saputo ritagliarsi un proprio spazio profondamente personale, probabilmente impossibile da imitare. Forse è proprio in questo che sta la grandezza di bWoody Allen/b: nella capacità di esprimere sempre se stesso in ogni suo film, incurante, per quanto atterrito, di come questo verrà effettivamente accolto dal pubblico, perennemente insoddisfatto delle risposte che riesce a trovare a quesiti esistenziali insolubili, per quanto la poesia o la simpatia di queste risposte siano fra le più raffinate descrizioni dell’uomo e della donna contemporanei che sia possibile trovare./p
p align="right" «Non ho mai creduto che la bellezza fosse anche la verità, mai. Ho sempre creduto che la gente non possa sopportare troppo la realtà. Io amo vivere nel mondo di Ingmar Bergman. br /O in quello di Louis Armstrong. O in quello dei New York Knicks. br /Purché non si tratti di questo mondo.» bbr /Woody Allen/b/p