Napoletana di nascita, debutta in teatro nella Compagnia di Eduardo De Filippo, studi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma, Monica Pariante occupa legittimamente un posto di rilievo fra i direttori del doppiaggio italiani. A Silenzio in Sala racconta la sua esperienza con l’edizione italiana di Gabrielle - Un amore fuori dal coro, film che ha incantato il pubblico dell’ultimo Festival di Locarno e ottenuto una nomination all’Oscar come Miglior Film Straniero. bGabrielle - Un amore fuori dal coro è davvero un film fuori dal coro. Quando l’hai visto la prima volta avresti immaginato che avrebbe ottenuto un così buon riscontro?/b È un film che tocca nel profondo la sensibilità di tutti noi e anche quella del pubblico, i premi ottenuti a Locarno e la nomination all’Oscar ce l’hanno confermato. Il merito va in gran parte agli interpreti: la protagonista e i ragazzi del coro provengono dal Centro di arti dello spettacolo Les Muses, dedicato alla formazione artistica di persone disabili, ma ci ha sorpreso soprattutto l’attore che interpreta Martin, Alexandre Landry, che pur non essendo affetto da nessun handicap ha offerto una prova così buona che credevamo tutti provenisse anche lui da Les Muses. Sono attori eccezionali, ciò che ci ha impegnati di più nel doppiaggio è stato rendere conto della verità delle loro interpretazioni. bA questo proposito, nel curarne l’edizione italiana come vi siete rapportati con tutte le particolarità del film?/b Abbiamo tenuto molto a salvaguardare l’autenticità delle loro interpretazioni. Ogni film ha la sua particolarità , ma quella di Gabrielle è una particolarità autentica: non si trattava di doppiare Tom Hanks che interpreta Forrest Gump, ma di rendere atto di una sensibilità unica e reale che emerge anche nella finzione. Per questo abbiamo deciso di lasciare molte canzoni in originale, abbiamo creduto che l’emozione dei ragazzi del coro risultasse così molto più palpabile. bUn film come Gabrielle - Un amore fuori dal coro può essere un’esperienza di doppiaggio molto controversa. Come ti rapporti tu nel dibattito intorno all’eterna diatriba fra versione originale e edizione doppiata?/b Il tema è da sempre molto scottante. Personalmente credo che oggi, tra il web e i contenuti extra dell’home video, la versione originale sia un’opzione facilmente raggiungibile. Il doppiaggio offre semplicemente allo spettatore una libertà diversa: quella di poter vedere il film senza doversi soffermare a leggere i sottotitoli. Soprattutto in Italia dove la conoscenza linguistica è un fatto che riguarda maggiormente le nuove generazioni, per il pubblico la visione di molti film, privi della versione italiana, risulterebbe difficile. Penso nello specifico a un film come Gabrielle, legato al circuito per così dire indipendente: la sua visione risulterebbe ancora più ostica se proposta esclusivamente in lingua originale. Ovviamente è fondamentale che la qualità sia salvaguardata, sempre nel rispetto assoluto dell’originale. bCome si garantisce la qualità nel doppiaggio?/b Dal punto di vista artistico, senza dubbio attraverso la studio e la formazione. Quasi sempre chi lavora nel doppiaggio proviene dalla recitazione, conosce quindi bene il mestiere e la finzione attoriale. In fondo il doppiaggio altro non è che illusionismo, è come un trucco: se è fatto bene, c’è ma non si vede! Occorre ovviamente anche salvaguardare la professione: proprio in questi giorni è in corso tra Roma, Milano e speriamo anche Torino, uno sciopero finalizzato all'ottenimento di un contratto che rispetti la nostra categoria e la qualità del nostro lavoro. Dal punto di vista tecnico invece andrebbero studiati dei modi per garantire libero accesso alle sale di proiezione ai fonici, questo garantirebbe un maggiore controllo del risultato che viene proposto al cinema agli spettatori. Molto spesso ciò che viene proiettato nelle sale, tra impianti vecchi, audio basso e acustica precaria, non rende giustizia né al film né alle persone che vi hanno lavorato duramente, tecnici compresi. bFrugando nella tua memoria c’è un film alla cui edizione italiana hai lavorato e a cui sei particolarmente legata?/b Ricordo con molto affetto Detachment, un film del 2011 diretto da Tony Kaye, con Adrien Brody nel quale io ho diretto il doppiaggio e nel quale doppiavo Marcia Gay Harden. Io che di solito evito le anteprime, quella volta non solo ho assistito alla proiezione ufficiale ma mi sono anche commossa nel vedere, al riaccendersi delle luci in sala, colleghi e pubblico, tutti con il fazzoletto alla mano. bE se ti domandassi quali sono i film più interessanti da doppiare?/b Senza dubbio ti risponderei quelli belli! Scherzi a parte, ho una predilezione per le commedie brillanti, ma in genere i film ai quali mi piace di più lavorare sono quelli con molti contenuti e magari con meno effetti speciali...