Generalizzare è spesso sbagliato. Ma affermare che a tutti i bambini piacciono i dinosauri si avvicina di molto alla verità . Ogni bimbo ha collezionato razze di stegosauri, passato ore a contemplare le zanne del T-Rex e ha scalpitato se un adulto osava confondere un diclopo con un apatosauro. Da grandi, si prova a lasciare cadere progressivamente questa passione, per sublimare le energie pulsionali verso mete più accettate dalla società ... finchè un bel giorno accade la magia: al cinema esce un film che non è una biografia o l'ennesima divagazione mentale sulla classe dirigente italiana incancrenita e decadente. In sala c'è un film esaltante. Un film che ha come protagonisti i primi eroi dell' infanzia. E - proprio come i rettili preistorici - il bambino in ognuno di noi si risveglia, nelle sembianze di uno spettatore investito forse del primo diritto di cui dovrebbe godere una volta seduto sulla poltrona del cinema: divertirsi. Godere della visione di un essere grandioso che ci irradia di una vertigine di potenza e ci ricorda quanto siamo piccoli, come recita Masrani, proprietario di Jurassic World. img Nel 1993 Jurassic Park ha portato sul grande schermo il gusto sfrenato del vedere, il piacere di affondare lo sguardo nella carne viva dell'immagine, come artigli e zanne. I film sui dinosauri fanno saltare e moltiplicano in maniera esponenziale quasi tutte le norme condivise nella fruizione cinematografica. La voglia di toccare è portata all'eccesso da una fortissima fisicità : presente sotto forma di quintali, di passi chilometrici che affondano nel terreno, di urla; assente perché fatta di pixel. L'azione e il movimento fanno venire voglia di incitare, rompendo il silenzio che si prescrive in una sala. Ma che cosa ha un Jurassic Park in più rispetto a un Godzilla? Innanzitutto non racconta di mostri fasulli – a cui molto presto si smette di credere - ma di creature che sul serio hanno dominato una Terra appena nata e ribelle, ardente di lava e gayser, dove persino le felci e le libellule erano gigantesche. Una Terra fuori scala come in uno dei viaggi di Gulliver, avventurosa e densa di pericoli. Un'avventura tutta animale. I dinosauri non sono solo una versione contemporanea del drago - personificazione delle forze primordiali, inarrestabili perché non mediate dalla razionalità e dalla misura dell'intelletto umano - ma ne rappresenta anche una versione iperrealista. Si può pensare a un giudizio del filosofo e docente di estetica Simone Regazzoni secondo il quale un limite - o una caratteristica - dei vari Godzilla e l'avere presentato la bestia giapponese a pezzi, senza mai trasmetterne la grandezza nella sua totalità . Il primo Jurassic Park risolve questo problema, mostrando il brachiosauro alzarsi sulle zampe posteriori e l'allugarsi di un collo smisurato. Non solo lo mostra ma prepara a un crescendo emozionale, prima inquadrando le zampe poi alcune parti del corpo e infine ricomponendo ciò che prima ha spezzato e quello che ha fatto sognare. Con il Re, colui che tutti aspettano, fa ancora di più: annunciato da paleontologi increduli, poi promesso da John Hammond (Richard Attenborough) e infine stagliato sul verde della foresta e nel buio della pioggia. I preliminari prima dell'atto, ben capaci di fare scorrere a fiumi il desiderio attraverso la tecnica dell'accumulo: più gli stormi di pterodattili sono densi, più le bestie aggressive - capaci di lotte efferate - sono grosse e più il godimento sale. A prova di ciò, lo squalo che aveva terrorizzato il pubblico negli anni Ottanta è ora ridotto a preda di un mostro più grande: anch'esso riemerge dall'abisso del mare e della paura, ma con l'impatto di misure esagerate. Come nella storia, i dinosauri rivivono grazie alla tecnologia, la tecnologia dello spettacolo. E chi dice che è uno spettacolo per incolti, che venga sbranato da uno spinosauro.