Uscito nelle sale il 16 settembre e in testa al botteghino da un paio di settimane, c'è Inside out di Pete Docter: film Pixar tecnicamente perfetto, cinematograficamente ineccepibile, emotivamente coinvolgente, che mostra quanto importante, essenziale, pregnante sia il mondo emotivo di ciascun individuo, adulto o bambino che sia. Siamo tutti contenitori di emozioni. Il punto di osservazione di Inside out si sposta all'interno della mente e catapulta il pubblico in una dimensione intima spingendolo a porsi la domanda: perchè c'è così tanta fame di emozioni? Siamo lontani dal manuale visivo che spiega come funziona la mente, di come l'inconscio elabori le informazioni della veglia per poi tramutarle in sogni; di come la memoria si divida in a breve e a lungo termine. L'ultima fatica Pixar è piuttosto uno strumento sensazionale che indaga la macchina umana dall'interno e svela, in modo sornione, leggero, la complessa consolle dell'emotività. Perfino il marketing – senza il quale nessun prodotto cinematografico (e non) potrebbe essere commercializzato - si declina anche nella categoria “emozionale”. Non saremmo nulla senza emozioni. Non compreremmo nulla che non ci emozioni e non capiremmo nulla che non solletichi prima emotivamente le nostre corde sensibili. I bambini presenti in sala hanno apprezzato e goduto di questo spettacolo in cui per la prima volta non erano loro a muovere, ma erano mossi da dentro. Hanno in qualche modo appreso che nulla nel loro universo, seppur piccolo, accade a caso. Del resto, la radice di “commozione” rivela la dinamica del movimento all'interno della sfera emotiva: “muovere qualcuno con, indurre qualcuno a una partecipazione affettiva”. Le emozioni hanno un peso e una motilità: non sono statiche, si alternano. Il dominio di una sulle altre è illusorio. L'equilibrio sta nel loro alternarsi, proprio come Tristezza e Gioia insegnano ad adulti e bambini. Le emozioni iniziano a diventare oggetto di studio dal 1884, grazie a William James. Nel 2015 Pixar ne ha fatto materia d'osservazione cinematografica, contenuto manifesto di cui poter godere, comodamente seduti in poltrona. Rabbia, gioia, disgusto, paura, tristezza sono solo cinque tra le quarantaquattro emozioni classificate da Paul Eckmann e Wallace Friesen, studiosi e riconoscitori delle emozioni umane. Non sono forse le stesse individuate, animate e antropomorfizzate dalla Pixar? Eccetto Sorpresa, direte voi. Quella ce l'ha messa il pubblico in sala. Lo spettro delle emozioni, di cui come sogni siamo intessuti, è così vasto che nessuno riuscirà mai a raccontarlo abbastanza. Raccontarlo bene è di sicuro già un merito e un successo.