Il campione che entra sul rettangolo verde, alle spalle la folla in delirio che incita il suo nome, lui che per darsi la carica passa la mano sull’erba, e la bacia, in segno di gratitudine. Gesti quotidiani, ripetitivi, quasi rituali per chi lo sport e il calcio lo vive sulla propria pelle, che potrebbero rappresentare tranquillamente la scena di un film. Non è un caso, infatti, se qualche volta cinema e pallone si sono incontrati dando vita anche a prodotti e risultati interessanti. Erroneamente, pensando al calcio, viene spontaneo far riferimento esclusivamente al filone documentaristico: quell’insieme di immagini di repertorio riguardanti questo o quell’atleta, magari accompagnate da testimonianze audio e commenti tecnici, che dimostrano l’importanza di un personaggio piuttosto che di un ruolo. Perché se è vero che, nel calcio, non conta farsi notare ma farsi ricordare - e a questo servono le cassette (ora i dvd) con le imprese di Baggio, Maradona, Maldini, Pelè, Messi, Totti - nel mondo che ruota intorno al pallone ci sono tante storie da raccontare, che non sempre hanno a che fare con gesti tecnici. Un padre che accompagna il figlio alla partita della squadra del cuore, ad esempio. Tradizione immancabile e radicata per molti, che parecchi anni dopo, da adulti, si ritrovano a fare lo stesso con i loro figli. Oppure, l’uomo che sugli spalti – esultando durante un gol improvviso – ha incontrato l’amore della sua vita. E, perché no, la moglie che ne approfitta per vedersi con l’amante mentre il marito si dispera per la Champion’s League. Fino ad arrivare alle pagine più nere del recente passato: gli hooligans e la violenza negli stadi, aggregazione che disgrega animi e umori di chi assiste incredulo. Queste situazioni non possono essere solamente documentate, c’è anche chi ama raccontarlo al pari di grandi imprese. Allora, ecco che troviamo qualche pellicola che il calcio lo racconta e restituisce la voglia di seguirlo persino lontano dai canali di sport prestando il fianco al cinema. Nel Regno Unito, attraverso il pallone, sono state raccontate diatribe culturali e religiose: lo dimostra Sognando Beckham, con una giovanissima Keira Knightley. Si è parlato d’amore, di famiglia, di insegnamenti e di conflitti grazie a Febbre a 90°, in cui un Colin Firth d’altri tempi esprimeva tutto il suo potenziale: giusto per ribadire che la vita non finisce con Bridget Jones e un diario. C’è stata l’occasione per parlare di tabagismo e alcolismo, vizio di alcuni allenatori inglesi legati alla smania di vittorie, con Il maledetto United dove Michael Sheen vestiva i panni del celeberrimo allenatore del Leeds Brian Clough. Inoltre, nel regno di Sua Maestà hanno avuto persino l’ardire di farsi autocritica: Green Street è uno dei pochi film che indaga e sottopone ai riflettori la piaga della violenza negli stadi partendo da una storia familiare, fino a ispezionare passo dopo passo le faide che si creano tra gruppi organizzati di tifosi per poi arrivare al caos e alla degenerazione di ogni forma d’etica e morale, creando regole di vita esclusivamente dettate da un determinato tipo di condotta. Film come Il mio amico Eric e Fuga per la vittoria sono state opportunità per ricordare grandi campioni, quali Cantona e Pelè, e affrontare vicende storico-culturali. Anche se Ken Loach ha ammesso: «Non vado a vedere le partite di calcio per fare trattati di antropologia, ma per vedere la mia squadra vincere». Le riflessioni si fanno dopo, così come le sceneggiature. Se in America e Inghilterra il calcio è stato uno spunto per dar vita a favole sociali, in Italia ad accanirci e a dibattere ci pensiamo già la domenica (e i restanti giorni della settimana) nei bar e sugli autobus: al cinema vogliamo pensare poco e ridere. Fa eccezione il recente Crazy for Football: the craziest world cup, il documentario - vincitore di un David di Donatello - di Volfango De Biasi sulla prima nazionale italiana di calcio che concorre ai mondiali per pazienti psichiatrici a Osaka. Ma è pur vero che il più celebre repertorio cine-calcistico di casa nostra è legato alla comicità . Ecco allora i vari Il tifoso, l’arbitro e il calciatore, Fratelli d’Italia, Tifosi, Allenatore nel Pallone, Amore, bugie e calcetto, Eccezziunale veramente. Nello Stivale, se escludiamo i vari volti accademici e di settore nei dvd da repertorio, giocare a pallone non è altro che un pretesto per raccontare la goffaggine dell’italiano medio alle prese col bailamme della società moderna. Gli unici che recentemente hanno provato a dare un’inversione di rotta, cercando sempre di regalare sorrisi, sono stati Francesco Montanari, Ricky Memphis, Primo Reggiani e Francesco Apolloni che. sotto la guida di Roberto Capucci, hanno saputo raccontare una storia di tifo e passione piena di cine-citazioni. Ovunque tu sarai strizza l’occhio alla solita commedia, ma tralasciandone il lato demenziale. Sicuramente, in fatto di raccontare imprese calcistiche, il nostro paese se la cava meglio con i docu-film. Ma niente è perduto. Magari la favola di Claudio Ranieri col Leicester ha insegnato che persino lo sceneggiatore più bravo può aver bisogno soltanto della giusta ispirazione.