Proprio in questi giorni un gran polverone si è levato attorno alla nuova campagna pubblicitaria di Intimissimi, accusando il brand di strumentalizzare la figura della donna. Una pubblicità normalissima, in cui la top model russa Irina Shayk posa con un nuovo modello di reggiseno. Uno scatto pulito, senza pose ammiccanti, senza doppisensi, ma che ha innescato una polemica troppo esagerata, a tratti quasi sterile. Un po’ come lamentarsi di pubblicizzare i gelati solo d’estate. img Sarebbe interessante capire come queste estremiste giudicherebbero un prodotto come Wonder Woman: il primo film del “nuovo corso”, interamente incentrato su una supereroina, che arriva al cinema con un carico di aspettative che definire elevato è un eufemismo. Aspettative per come verrà affrontato il tema femminista appunto, ma anche perché Wonder Woman è il vero banco di prova di DC e Warner per spianare la strada alla Justice League, dopo il bistrattato (davvero eccessivamente) Batman V Superman: Dawn of Justice. img Ma procediamo con ordine e, a scanso di equivoci, chiariamolo subito: il mondo del fumetto è sempre stato un po’ maschilista e WW costituisce una mosca bianca. Nata nel 1941 dalla penna del teorico del femminismo William Moulton Marston, per bilanciare l'eccesso di mascolinità e violenza presente nei fumetti di supereroi, si è imposta da subito come un personaggio cardine, a completare la cosidetta Trinità DC insieme a Superman e Batman e a intaccare definitivamente l’immaginario collettivo durante la Silver Age del fumetto americano sul finire degli anni ‘50. In tale periodo la prevalenza dei personaggi era assolutamente maschile e il target di destinazione ovviamente il medesimo. Non che il gentil sesso fosse totalmente escluso da questo genere narrativo, ma era perlopiù confinato a un ruolo comprimario (Susie Storm dei Fantastici Quattro fece la sua comparsa nel 1961) e comunque, nonostante i buoni propositi degli autori, risultarono figure fraintese dal grande pubblico. «Il miglior rimedio per valorizzare le qualità delle donne è creare un personaggio femminile con tutta la forza di Superman più il fascino di una donna brava e bella» dichiarò Marston a proposito del suo personaggio, ma ciò che la folla recepì fu qualcosa di diametralmente opposto. Con la pubblicazione del saggio Seduction of the Innocent lo psichiatra Fredric Wertham fece esplodere un caso mediatico, imputando ai fumetti la responsabilità della vacillante integrità morale dei giovani lettori. In particolare Wonder Woman, con i suoi abiti succinti e il suo carattere disinibito, era considerata un modello disdicevole per le ragazze; per non parlare della società femminile dell’Isola Paradiso al limite dell'omosessualità. Insomma, cambiano i tempi e le argomentazioni, ma le polemiche rimangono pressoché invariate. img Facciamo un salto di qualche decennio e arriviamo in epoca recente, quando finalmente Marvel e DC prendono coscienza del loro status di cardini della cultura pop e compiono finalmente il grande passo per sdoganare i loro personaggi, facendoli uscire dalla “nicchia nerd” in cui erano confinati per consacrarli al grande pubblico: quello del cinema. Tralasciando le impacciate trasposizioni televisive degli anni ’70 e gli altalenanti film dei due decenni successivi (principalmente la saga di Batman, spaccata tra Tim Burton e Joel Schumacher), all’inizio degli anni 2000 a Hollywood la scarsità di idee iniziava a farsi sentire e si sposava benissimo con la voglia di riscatto dell’industria dei fumetti. Tre i film che si sono imposti come standard del nuovo corso dei cinecomics: X-Men di Bryan Singer (2000), che ha dimostrato che è possibile trasporre 40 anni di storie a fumetti mantenendo lo spirito dei personaggi (nonostante qualche concessione narrativa); Batman Begins di Christopher Nolan (2005), che coniuga un tipo di cinema adulto, a tratti filosofico, adattandolo a un personaggio che ben si presta alle riflessioni esistenziali; infine Iron Man di Jon Favreau (2008), vero caposaldo che ha dato il via alla moda degli Universi Condivisi al cinema e rivitalizzato l’impero Marvel fuori dalle pagine dei fumetti. img Restando nel circuito del mainstream e senza andare a scomodare la Blubberella di Uwe Ball, il solo esempio di trasposizione di un eroina al femminile proveniente dal mondo del fumetto fu la Catwoman di Halle Berry nel 2004. Passò inosservato e se qualcuno non lo conoscesse, basti dire che è un brutto film. Per questo le aspettative per Wonder Woman sono alle stelle. Perché inaugura ufficialmente una nuova era di cinecomics. Perché ormai questi personaggi sono già stati masticati e digeriti dal pubblico, lo stesso pubblico che fino a 10 anni fa non sapeva nemmeno della loro esistenza. E non si sta parlando della ristretta cerchia dei nerd, ma del pubblico medio, composto in egual misura da entrambi i sessi. Perché se all’inizio erano i pettorali di Chris Evans o i bicipiti di Chris Hemsworth a invogliare le ragazze a vedere questo tipo di film, adesso l’asticella si è alzata. img L’inserimento di sempre più eroine ne è un chiaro segnale: Vedova Nera (per anni Joss Whedon ha implorato la Marvel di fargli dirigere un film in solitaria dedicato a lei), Gamora, Scarlet Witch. Sul versante DC invece basti citare Harley Quinn e l’invasione di cosplayer a qualsiasi fiera del fumetto a livello mondiale per capire la portata del fenomeno. E in previsione ci sono già Miss Marvel, Wasp e Batgirl, guardacaso diretto proprio da Joss Whedon. In qualche modo vi è qualcosa di karmico nel fatto che tocchi proprio a Wonder Woman il compito di fare da apripista a questa nuova generazione sul grande schermo, lei che già è stata la prima eroina a fumetti.