Grazie al supporto del web in Italia le produzioni indipendenti si moltiplicano e il cinema di genere sembra risorgere: lo dimostra il cortometraggio Nuraghes
ll cinema di genere italiano non è morto né sepolto. Forse lo è stato, ma adesso sta cercando di tornare alla luce, sgusciando tra le maglie cedevoli di una distribuzione che per anni ha oppresso le sale a suon di commedie stantie e film pretenziosamente impegnati. Lo spiragio di questa nuova realtà che per anni è stata negata con la scusa che «il cinema di genere in Italia non interessa a nessuno» si chiama internet. L’esempio più lampante è rappresentato da Gabriele Mainetti, che si è imposto all’attenzione di tutti con i suoi corti Basette (ispirato a Lupin III) e Tiger Boy (ispirato a L'Uomo Tigre) sino a travolgere le sale lo scorso anno con Lo chiamavano Jeeg Robot, film supereroistico nostrano che ha goduto di un inaspettato successo sia di citica che di pubblico, venendo consacrato da ben 7 David di Donatello.
Ed è solo la punta di un iceberg che lentamente sta emergendo grazie anche al crowdfunding: la Necrostorm, casa di produzione specializzata in film ultra-splatter, si basa proprio su questo concetto, ma anche Dario Argento sta attingendo alla raccolta fondi online per finaziare il suo prossimo Sandman. L’ultimo caso eclatante di film di genere made in Italy – in questo caso un horror-fantasy dai toni epici - è rappresentato da Nuraghes di Mauro Aragoni. Attualmente è un cortometraggio di 23 minuti tranquillamente visibile online (e trasmesso da Paramount Channel lo scorso 19 marzo) ma l’ambizione è quella di trarne un film.
Sardegna, epoca del bronzo. Gli incubi perseguitano Arduè, qualcosa dall'Inferno cerca di comunicare con lui.
Il rimorso per la figlia lo tormenta ogni notte e una volta scoperto il nome del suo assassino, Arduè affronta un lungo viaggio, accompagnato dal maestro Bachis, per raggiungere un'arcaica arena, dove gli sciamani reclutano i migliori guerrieri dell'isola. Sarà lì che Arduè affronterà l'uomo che gli ha tolto tutto.
Nuraghes è un concentrato di suggestioni diverse che pescano a piene mani dall’estetica fumettistica e artefatta del 300 di Zack Snyder nel suggestivo prologo iniziale, per poi trasformarsi in un figlio illecito della serie tv Vikings e l’ammaliante Valhalla Rising - Regno di sangue di Nicolas Winding Refn, il tutto senza però dimenticare la propria anima tricolore.
Per quanto Nuraghes si rifaccia a una mitologia quasi vichinga, la storia e le ambientazioni (magnifiche le panoramiche a volo d’aquila che nulla hanno da invidiare agli sconfinati territori della Terra di Mezzo) sono fortemente italiane, intrise di una dovizia di particolari che è la vera anima e il maggior fascino di quest’opera.
Al pari di quanto già accaduto con Lo chiamavano Jeeg Robot, Mauro Aragoni prende una storia che avrebbe potuto essere ambientata ovunque e la cala in un contesto prettamente italiano, radicandola così tanto in profondità da far crollare qualsasi preconcetto anche nello spettatore più ostico.
Ogni minuto trasuda folklore, reclamando a gran voce la propria appartenenza a un territorio ben preciso – la Sardegna – pur mantenendo uno standard internazionale elevatissimo. I dettagli dei costumi e la violenza cruda di certe sequenze (è stato usato vero sangue animale proveniente da scarti di macelleria) non sfigurano affatto se confrontate a prodotti di ben altro calibro. Soprattutto se si pensa che tutto è stato reso possibile da un budget di appena 7,000 euro. Insomma, la vecchia arte del “cinema artigianale” che ha contraddistinto le nostre produzioni – di genere – tra gli anni ’70 e gli ’80 sta tornando viva e palpitante più che mai e resta alta la curiosità di vedere come questo corto possa evolversi in un film vero e proprio.
Intanto, eccovi Nuraghes: il corto completo.