Con l'episodio di domenica 27 agosto, anche la settima stagione de Il trono di spade è giunta al termine. I tweet e gli articoli, prima e dopo ogni puntata, si sprecano e diventano veri e propri approfondimenti necessari per il fan che non si accontenta più solo della visione ma ha voglia di sapere tutti i piccoli particolari e segreti che circondano lo show HBO.
Nella settimana che separa un episodio dall'altro, gli appassionati si ritrovano - sui social e nella realtà - a discutere, fare pronostici e previsioni su quello che accadrà a bDaenerys Targaryen/b, a bJon Snow/b, agli Stark e ai Lannister. Ormai anche l'Huffington Post e il New Yorker, dedicano un articolo a settimana alla serie.
E nonostante leaks, spoiler e minacce di hacker malintenzionati, la serie risulta la più vista di sempre, realizzando il record assoluto con il finale di stagione (oltre 12 milioni di spettatori): una fedeltà e dedizione mai vista prima. Ma come siamo arrivati a tutto ciò?
In origine i fan de Il trono di spade erano molto pochi. Per lo più coloro che avevano letto i primi romanzi de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e sapevano di cosa trattava la serie. Sicuramente in questa prima fase, come accaduto già per I segreti di Twin Peaks e Breaking Bad, il passaparola è stato essenziale per farla conoscere al di fuori dei soliti circuiti.
Riguardando oggi la prima stagione, è innegabile che ci risulti acerba rispetto alle successive. Eppure abbiamo già tutte le caratteristiche che hanno reso la serie una novità assoluta. Un'intricata storia di potere, libertà nei contenuti (il coraggio di rompere molti tabù televisivi) e ciò che ha veramente cambiato le carte in tavola nel mondo della TV: ne Il trono di spade i buoni perdono.
È proprio con la clamorosa scomparsa del personaggio principale nella prima stagione che lo show HBO ha cominciato ad acquisire sempre più fan, rivelandosi una delle serie più all'avanguardia degli ultimi anni. Un altro giro di boa è stato il passaggio tra quinta e sesta stagione, dove la serie prende un'altra via rispetto ai libri di bGeorge R.R. Martin/b, regalando così anche ai fan lettori una nuova storia su cui riflettere. Anche se alcuni tra i fan più “puristi”, fedeli agli scritti di Martin, hanno abbandonato delusi lo show, tra la quinta e la sesta stagione la serie è diventata meno narrativa e, rispetto alle precedenti, più veloce, più action. Il gusto degli spettatori si è dovuto adattare ai ritmi televisivi.
Con la settima stagione ormai il successo è mondiale. Gli episodi da dieci diventano sette, la trama si fa sempre più rapida (a volte anche troppo, visti alcuni buchi spazio-temporali, che perdoniamo solo per l'epicità delle sequenze che li seguono) e anche più densa di azione e battaglie. Ogni puntata di questa stagione è puro hype per quella successiva: lo spettatore sta sul filo del rasoio fino alla fine.
Ma Il trono di spade non è stata la prima serie ad avere avuto così tanto seguito. Nel 1959 con Ai Confini della realtà gli spettatori scoprono cosa voglia dire restare incollati allo schermo in attesa di ogni episodio e poi del successivo, mentre i colpi di scena spiazzanti rendono ogni puntata intrigante e seguitissima. Con gli anni Novanta nasce la serie tv come la conosciamo ora. Il primo show ad avere una risonanza così marcata nella quotidianità è I segreti di Twin Peaks: questa creazione originale di Mark Frost e David Lynch, con il tormentone Chi ha ucciso Laura Palmer?, diventa un vero e proprio fenomeno di massa. Vengono realizzate le prime visioni di gruppo, il primo merchandise dedicato; persino un festival, per i fan della serie.
Sempre negli anni '90, I Soprano di Matthew Weiner porta la TV allo stesso livello del cinema, mentre la libertà di contenuti trova il suo picco con Sex and the City: finalmente uno show che dà voce ai pensieri delle donne di tutto il mondo, parlando liberamente di sesso e di problemi sentimentali e quotidiani. Manco a dirlo, un successo mondiale che ancora semina vittime.
Con Lost e i primi anni 2000, viene a crearsi una sorta di immaginario popolare, una vera e propria fedeltà alla serie che porterà i fan a seguire lo show di J. J. Abrams per ben sei stagioni. Con il successo di Mad Men, di nuovo opera di Matthew Weiner, la tv impara finalmente a scrivere e a sceneggiare: i personaggi si fanno più realistici e profondi e non ci sono spazi per buonismi, se non solo in superficie. Fateci caso: con il suo sconfinato fandom, bGame of Thrones/b non è forse un mix di tutti questi aspetti?