I fratelli Russo e l’intero cast di Avengers: Infinity War avevano supplicato il pubblico di non cedere alla facile tentazione di divulgare spoiler: a più di una settimana dalla sua uscita nelle sale italiane bisogna ammettere che gli spettatori hanno risposto molto bene.
Se si pensa che il finale della terza stagione di Gomorra aveva infestato i social praticamente al minuto zero dalla sua messa in onda, allora si può dire che il popolo Marvel ha mantenuto in larga misura lo stretto riserbo imposto. Bravi tutti. È però doveroso fare una riflessione a briglia sciolta su questo ultimo capitolo dell’Universo Marvel: perciò se ancora il film non lo avete visto (cosa aspettate?!) questo articolo non fa per voi.
Come siamo giunti a Infinity War
Nel corso dell’ultimo trentennio la Marvel è rinata come una Fenice dalle proprie ceneri, reinventando il concetto stesso di bcinecomic/b. Dalle {a href=https://www.silenzioinsala.com/articoli/1955/marvel-e-il-cinema-vol-1-dalle-calzamaglie-al-cinecomic-di-b }goffe produzioni televisive{/a}, che poco avevano a che fare con il cartaceo materiale d’origine, si è giunti all’evoluzione dello stile e del linguaggio, che si è fatto via via più maturo e in grado di parlare a tutti, non solo a un pubblico di bambini e adolescenti.
Dai fasti e lo stupore della Fase 1, culminante con l’esaltante libidine del primo The Avengers all’altalenante Fase 2, in cui si intravedeva un pizzico di pigrizia ma anche una lungimiranza narrativa probabilmente senza eguali; infine la rovinosa e ostentata comicità della Fase 3 tra molti bassi e pochi alti. Il tutto per arrivare a questo.
Come già detto però Avengers: Infinity War non è un punto di arrivo. Non lo è perché nessun film sui Vendicatori lo è mai stato (semmai erano dei punti di svolta) e, del resto, con quel finale come potrebbe essere una conclusione? Manca ancora un anno al già annunciato Infinity War – Parte II e nel mezzo ci saranno le uscite di Ant-Man and the Wasp a Luglio e quella di Captain Marvel nei primi mesi del 2019.
Quando mi sono seduto in sala, prima di Avengers: Infinity War, avevo paura. Paura perché si preannunciava come un film colossale, una pellicola che trascendeva il concetto stesso di “film-evento” in un’era in cui di film-evento ce n’è almeno uno al mese. Blockbuster milionari, infarciti di star ed effetti speciali che solo raramente sono in gradi di donare stupore ed emozioni a un pubblico sempre più assuefatto e pretenzioso, bombardato da un’incessante pioggia di prodotti sempre più uguali e standardizzati.
Avengers: Infinity War si prennunciava come il kolossal dell’era dei kolossal, che eleva alla potenza tutti questi ingredienti. Il cast conta almeno una dozzina di protagonisti e altrettanti comprimari (tutti nomi di prim’ordine), una buona parte dei quali realizzati in CGI (totalmente o parzialmente). L’azione si svolge nello spazio, su mondi alieni, all’interno di astronavi. Di vero c’è pochissimo eppure tutto è così reale, palpabile e soprattutto familiare. Perché la parola famiglia è la vera carta vincente di questo film. Non stiamo guardando personaggi di cui non ci frega nulla: stiamo guardando dei nostri amici combattere contro un male più grande di loro.
L’importanza della famiglia
Sembra una frase di Dominic Toretto, ma è la pura verità. Per la prima volta dopo non so quanto tempo il pubblico è realmente affezionato ai personaggi che si avvicendano sullo schermo: li conosce personalmente, sa ogni loro punto di forza e debolezza, ne conosce i trascorsi, i dolori amorosi, le amicizie recise, le prove affrontate, i nemici sconfitti.
Ci sono voluti 10 anni e 18 film, ma tutto questo lavoro ha finalmente dato i propri frutti. Per questo motivo basta una scena da 5 minuti scarsi per introdurre bTony Stark/b: perché quel personaggio l’abbiamo già visto in 7 film e sappiamo tutto di lui. In alcuni casi il pubblico riesce persino a intuire chi entrerà in scena al prossimo stacco d’inquadratura, semplicemente da un dettaglio. E quando sullo schermo compare la scritta “spazio” accompagnata da un rif di chitarra elettrica, sappiamo già che stiamo per vedere i bGuardiani della Galassia/b.
Finalmente Thanos
Era dalla scena post-credit del primo The Avengers che aspettavamo di vedere in azione il Folle Titano, e l’attesa è stata ampiamente ripagata. Il pubblico sapeva che Avengers: Infinity War non sarebbe stato un film comune, e non solo per le avvertenze lanciate da cast e crew. Tutti si aspettavano delle morti, lo stesso titolo guerrafondaio le reclamava, ma nessuno se ne aspettava due nei 10 minuti iniziali del film.
La sala ha sussultato quando Loki è rimasto a terra senza rialzarsi come suo solito (d’altra parte era morto già due volte) con un ghigno piacione stampato in volto. Un duro colpo, ma di certo non il solo. Perché ammettiamolo: chi si aspettava un finale così? Chi l’avrebbe mai detto che la buona, demenziale, compiacente Marvel azzardasse tanto coraggio? Con uno schiocco di dita ha letteralmente spazzato via metà della popolazione dell’universo e tra questi ovviamente anche degli Avengers.
Per ognuno di essi che si dissolveva, il pubblico mormorava e gemeva. Personalmente mi sono sentito pizzicare gli occhi quando Peter Parker si è gettato tra le braccia di Tony Stark. Fa tutto parte dell’impatto emotivo di cui il film è pregno; del fatto che noi quei personaggi li amiamo davvero. E la Marvel ha fatto forse la cosa più giusta che potesse mettere in scena, ovvero l’ultima che il pubblico si sarebbe aspettato. Una vittoria annichilente di Thanos. Sicuramente nulla sarà irreparabile nella Parte II, ma quando lo schermo è diventato nero e i titoli di coda hanno iniziato a scorrere, non ho mai sentito tanto silenzio in una sala cinematografica. La Marvel ha vinto ancora e questa volta in maniera trionfale.