Nel nuovo calendario di proiezioni del cinema di Fondazione Prada c’è anche Ultimo tango a Parigi: Bernardo Bertolucci, accompagnato da Germano Celant e Felice Laudadio – presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia – ha presentato la versione restaurata, con audio originale in inglese e francese, di questo cult della storia del cinema.
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Film del 1972, è da sempre considerato un’opera difficile e controversa per via delle tematiche e sequenze molto forti, che all'epoca sconcertarono critica e pubblico. Sequestrato, censurato e condannato, col passare degli anni è stato rivalutato. Anche per la sua storia travagliata, è diventato un tassello imprescindibile per chi si voglia avvicinare alla Settima Arte.
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Laudadio con il suo intervento ci spiega l'importanza del restauro, definito da lui stesso dovuto e indispensabile. La pellicola originale è stata recuperata dagli studi della Metro Goldwin Mayer a Los Angeles e Vittorio Storaro, storico direttore della fotografia, ha proceduto con il restauro durato più di un anno.
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Un lavoro minuzioso, svolto sotto il rigido controllo dello stesso Bertolucci, sempre vigile e attento alle sorti della sua pellicola. Prima di Fondazione Prada, la copia restaurata è stata presentata esclusivamente a Bari, al teatro Petruzelli: dal 21 maggio verrà distribuita in tutte le sale italiane con una tiratura di 120 copie - numero altissimo per un restauro! - tra le quali 30 in versione originale con audio in inglese e francese. Il doppiaggio, invece, è stato curato dallo stesso Bernardo Bertolucci, che lo ha seguito personamente.
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Bertolucci commenta la pellicola pre-restauro con un poetico velo. Narra di come questa nuova uscita gli regali le stesse emozioni e le stesse ansie di quando usciva un suo film in sala. Sono emozioni importanti e ringrazia la Cineteca per avergli permesso di provare di nuovo questo brivido.
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Definisce il film vecchio e quindi per capirlo chiede agli ospiti in sala di immaginare il contesto in cui Ultimo tango a Parigi è stato creato. Racconta: «C'era ancora l'onda lunga del '68, dove il primo comandamento era trasgressione. E qui la trasgressione probabilmente c'è stata, al di là di quello che noi che l'avevamo fatto pensavamo».
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Bertolucci si sofferma anche sulle vicissitudini che hanno accompagnato l'uscita del film e sul conseguente sequestro. Ma soprattutto ci parla dell'importanza e dell'influenza avuta su di lui da parte dell’arte, soprattutto quella di Francis Bacon, visto nella prima grande mostra a lui dedicata al Grand Palais di Parigi. Dichiara di avere lì compreso lo stile che il film doveva avere: l'indispensabile impronta di Bacon la troviamo infatti esplicitata nei titoli di apertura.
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Marlon Brando e di conseguenza la disperazione sono il centro del film, e tutti i personaggi ruotano intorno a essa. Brando venne scelto da Bernardo Bertolucci perché all'epoca lo vedeva molto vecchio (lui 32 anni, Brando 48): ma a in una recente visione, il regista dichiara che il divo gli è apparso invece piuttosto giovane! Un esempio di come, con il passare degli anni, la visione di un film possa cambiare... anche per il suo regista.