Dopo aver sviscerato l’evoluzione dei cinecomics negli ultimi 30 anni, torniamo agli albori del genere per esaminare un filone parallelo: quello del bcinecomic per adulti/b. Negli anni il cinema ha attinto, oltre che dagli arcinoti supereroi, anche da fumetti di nicchia, con storie e personaggi più cupi e maturi. Da Dick Tracy, portato sullo schermo nel 1990 da Warren Beatty (al netto dei colori pastello e della fisicità assurda dei gangster il risultato è una storia dagli echi pulp, noir e polizieschi), alla tragedia de Il Corvo tratta dall’opera di James O'Barr, sino alla trasposizione di Blade, personaggio dalla forte connotazione horror.
Nel 2001, con l’uscita di From Hell - La vera storia di Jack lo Squartatore, la parola «graphic-novel» inizia a diffondersi: identifica i romanzi a fumetti, storie autoconclusive destinate a un pubblico adulto. Per trasporre al meglio queste storie è però importante rispettarne il tono, in quanto certi personaggi e certe narrazioni possono funzionare solamente in quel modo. Quando ciò non avviene la trasposizione risulta ambigua: i cultori del materiale originale si sentiranno presi in giro e il pubblico generalista si ritroverà a vedere un film insipido.
È la causa principale di famigerati fallimenti come Spawn, il Daredevil con Ben Affleck o Ghost Rider (e non è una coincidenza che questi ultimi due siano entrambi diretti da Mark Steven Johnson).
2005: l’anno della svolta
Nel 2005, in pieno tsunami del genere, tre pellicole portano a una grande consapevolezza: è possibile realizzare cinecomics “per adulti” destinati al grande pubblico. Il primo film è senza dubbio Batman Begins: il più famoso eroe DC viene calato in una Gotham più cruda, spietata e reale rispetto ai film di Tim Burton e Joel Schumacher. Il secondo è Sin City, trasposizione tavola-per-tavola delle storie di Frank Miller: al di là dell’accanimento estetico pressoché maniacale di Robert Rodriguez, quello che colpisce è quanto le atmosfere della Città del Peccato siano rimaste invariate: noir old-school condito con abbondanti dosi di violenza e personaggi dalla dubbia morale, tra stupri, pedofili, prostitute, sicari, malavitosi, cannibali e terroristi. Infine Constantine, storia di un detective dalle percezioni soprannaturali tratto da un fumetto di Alan Moore e fortemente sottovalutato al momento della sua uscita.
Nello stesso anno approdavano al cinema anche A history of violence di David Cronenberg (tratto da una graphic-novel di John Wagner e Vince Locke) in cui Viggo Mortensen è un uomo ordinario, incapace di sfuggire dal suo passato, e l’anarchico V per Vendetta, basato sul romanzo grafico di Alan Moore.
Wolverine: il tradimento
Sin dalla sua prima apparizione al cinema bWolverine/b è sempre stato l’X-Men più carismatico, grazie al casting perfetto di Hugh Jackman e al fascino emanato dal personaggio stesso. Ma se nei film dei mutanti la sua era solo una storyline tra le tante, all’annuncio del suo stand-alone le aspettative s’impennarono.
Quando uscì X-Men Le origini: Wolverine (dopo che era stato piratato on-line privo della maggior parte della CGI) il pubblico si trova davanti una storia imbrigliata dai limiti imposti da una produzione poco coraggiosa. Il personaggio non appare mai cupo e tormentato come il pubblico si aspettava, perdendosi in svolte narrative spesso prevedibili e imboccando (da metà film in poi) un canovaccio anche troppo noto. Inoltre la pellicola è appesantita da una parata di personaggi perlopiù fini a sé stessi. Tra i vari Sabretooth, Silver Fox, Gambit, Blob, Bolt, Emma Frost, Kestrel c’è però un mutante che più di tutti era atteso sul grande schermo ed è stato bistrattato. Tantissimo. Al punto da non essere il personaggio noto ai fan dei fumetti. La sola cosa in comune con lui era in nome: bDeadpool/b.
Il mercenario chiacchierone si ritrova con la bocca cucita, senza tuta rossa e nera, senza katane sulle spalle (bensì retrattili come gli artigli di Wolverine) intento a prendere ordini dal colonnello Stryker come se fosse un robot comandato da remoto.
Vietato ai minori
Qualche paragrafo fa si parlava dell’importanza di mantenere un tono coerente nella trasposizione per far funzionare i personaggi. Questa accortezza la troviamo nella trilogia de Il Cavaliere Oscuro (dove i problemi più grossi sono legati alla sceneggiatura, non al tono) e anche nel dittico di Zack Snyder composto da L'uomo d'acciaio e Batman v Superman: Dawn of Justice.
È stato anche ampiamente rispettato dalla Marvel quando ha deciso di far approdare su Netflix la serie Daredevil, ispirata in larga misura dalla seminale L’uomo senza paura di Frank Miller. E ancor di più, forse, l’ha fatto donando finalmente una controparte live-action pregevole a The Punisher. Certi personaggi sono necessariamente intrisi di una componente adulta senza la quale non avrebbero senso: perché non si può rendere giustizia al Punitore usando lo stesso tono di un film su Spider-Man!
Così la 20th Century Fox si fa coraggio e annuncia quello che sarebbe diventato il primo film di supereroi (in senso stretto) ad approdare al cinema con un divieto ai minori di 17 anni non accompagnati.
Wolverine e Deadpool: il riscatto
Quando nel febbraio 2016 esce Deadpool, dopo 12 anni di gestazione (il primo script di David S. Goyer risale al 2004), è una ventata d’aria fresca nel panorama dei cinecomics: il film è una scheggia impazzita, esattamente come il suo protagonista. Violento, volgare, irriverente, intriso di battute meta-cinematografica ammiccanti alla cultura pop. In una parola: è Deadpool. Finalmente! Con 780 milioni d’incasso – al netto del Rating R con cui uscì negli USA e della messa al bando in Cina – il film si dimostra una scommessa vinta e incoraggia gli studios a portare avanti un altro progetto a lungo auspicato dai fan: un film crudo e violento che renda giustizia al personaggio di Wolverine.
Le riprese del terzo capitolo dedicato al mutante canadese iniziano nel maggio 2016 (quando la corsa al botteghino di Deadpool era ormai conclusa) e, nonostante le smentite dei produttori, è impossibile non pensare che il successo del Mercenario Chiacchierone non abbia influenzato la decisione di puntare ancora sul Rating R. Logan - The Wolverine incassa bene, viene osannato per i suoi toni da western crepuscolare, glorificato dalla critica con una nomination agli Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e dai fan per aver finalmente restituito sul grande schermo l’essenza più pura del personaggio. Deadpool 2 ricomincia da qui: con una frecciatina agli studios e al personaggio di Logan per aver “copiato” il suo coraggio. E forse è anche vero, ma alla fine che importa? Se il film funziona – e }Deadpool 2 funziona eccome, anche se manca l’effetto “shock” del primo – allora forse i divieti non sono così importanti, ma piuttosto necessari.