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Festa del Cinema di Roma, Giuseppe Tornatore racconta il noir

31/10/2018 00:14

Andrea Desideri

Intervista, Festival, Festa del Cinema di Roma,

Festa del Cinema di Roma, Giuseppe Tornatore racconta il noir

Il regista ha tenuto una masterclass sul tema alla 13ma Festa del Cinema di Roma

Giuseppe Tornatore è tra i volti noti della 13ma edizione della Festa del Cinema di Roma. Il regista Premio Oscar ha arricchito il parterre di ospiti illustri con una vera e propria lezione agli spettatori accorsi all’Auditorium Parco della Musica.


Quest’anno Peter Sellers è il testimonial della manifestazione, quindi nella Capitale non si può evitare di affrontare il tema del bnoir/b. Tornatore ha potuto sfoggiare la sua indubbia preparazione sviscerando vizi e virtù di un genere che, nel tempo, ha subito alcune metamorfosi.


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L’evoluzione del noir, secondo il regista di Bagheria, passa da alcuni film rappresentativi di una categoria in perenne mutamento, che assumono un diverso valore visione dopo visione. Particolare attenzione, quindi, a quei lavori che inizialmente sono stati sottovalutati per poi esser riqualificati in futuro. Alcuni nomi, Giuseppe Tornatore li ha fatti. Con la complicità di Monda, direttore artistico della Festa, ha dato vita a un vero e proprio simposio sull’argomento.


Oggetto della discussione sono state alcune clip di film che Tornatore ritiene fondamentali per analizzare il genere e comprenderlo in tutte le sue sfumature. Ogni sequenza proiettata è stata scelta accuratamente dal regista con una precisione al limite del maniacale. Così come inappuntabile è la sua preparazione, al punto da pretendere di ricordarsi date ed eventuali cenni storici a memoria.


Giuseppe Tornatore non si è risparmiato nel proporre una visione chiara, ampia e ricca di aneddoti sui gialli e sul cinema che sceglie la cronaca nera per stupire. Ecco i principali esempi proposti dal regista.


bLa fiamma del peccato (Billy Wilder, 1944)/b


«È considerato uno dei noir più belli della storia del cinema, ricco di novità che poi avrebbero influenzato colleghi e produzioni: l’aneddoto dell’automobile che non parte al momento opportuno, per creare tensione e suspense, è opera di Wilder».


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«Non si era mai visto prima nel cinema: ora è abusato, perché ­– come si rese conto lui prima di noi – funziona sempre. Attualmente, grazie a quella trovata, anche quando, in un qualsiasi film, la macchina parte al primo colpo, lo spettatore spera nel contrario. Questo film insegna quanto bisogna essere attenti a quello che succede nella quotidianità, puoi scrivere o creare la cosa più perfetta al mondo ma devi avere consapevolezza della realtà delle cose».


bLa donna del ritratto (Fritz Lang, 1944)/b


«Lang è un regista particolare, in grado di rispecchiare il noir appieno, basti pensare che il protagonista della storia è un docente di criminologia come in ogni giallo che si rispetti. Nel disegno di ogni film noir, il tema è solo uno e si dirada in sempre più particolari sfumature».


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«Gli ingranaggi delle sue storie sono talmente perfetti da suscitare incredulità. Inoltre fu il primo a proporre il passaggio dal piano realistico al piano onirico in una stessa inquadratura: l’attore principale muore su una poltrona e si ritrova su quella stessa poltrona, poco dopo, perché si trattava di un sogno».


bLo specchio scuro (Robert Siomark, 1946)/b


«È un regista, Siomark, ritenuto troppo commerciale: venne etichettato così dalla critica, in seguito, però, alcuni dei suoi film sono stati rivalutati. Tipo questo, in cui è centrale il tema del doppio, altro aspetto che ricorre nel noir: i personaggi speculari, i gemelli, due facce in una stessa situazione.


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«Lo specchio scuro trova la sua forza nella suspense, che rimane anche dopo che il mistero è stato risolto. Con Siomark abbiamo un primo esempio di finale aperto; infine, la cosa che mi fa impazzire di quest’opera è che le scene delle gemelle sono girate con trucchi artigianali, senza tutte le risorse di cui oggi disponiamo. Proporre un artificio simile, per l’epoca, era una bella sfida».


bHo ucciso (Josef von Sternberg, 1935)/b


«È un adattamento da Delitto e castigo di Dostoevskij, questo particolare ha influito negativamente sulla critica all’opera: se si paragona l’elaborato cinematografico al capolavoro letterario, non c’è partita».


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«E l’hanno sottolineato a più riprese: Sciascia diceva che è impossibile fare un buon film partendo da un grande libro, si fanno, invece, ottimi film da libri mediocri. Riguardando questo film, senza subire l’influenza letteraria, ci si rende conto che ha delle tecniche di regia tensiva formidabili».


bLe catene della colpa (Jacques Tourneur, 1947)/b


«È ritenuto il più grande noir di tutti i tempi, anche questo film è stato riscoperto col tempo, si tratta di un’opera straordinaria. Non c’è il solito bianco e nero, una fotografia particolareggiata rende “Le catene della colpa” unico nel suo genere».


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«Inoltre, ci sono dei dialoghi secchi e incisivi che richiamano ai western di Leone. La tensione non si esaurisce mai, così come il pathos: straordinaria è la frase “Io e te siamo entrambi cattivi, per questo andremo d’accordo"».


bDetour (Edgar G. Ulmer, 1945)/b


«Questo film è cosparso da un alone leggendario: la leggenda narra che sia stato girato in sette giorni, non so se sia vero. Nessuno lo sa. Certamente, guardando alcuni particolari del girato, si può notare come sia trascurato. Vissuto. Sciatto in alcuni punti. Se non sono sette giorni, di certo saranno pochi di più».


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«Eppure, in pochi, con così poco tempo e poche risorse, sono riusciti a mettere su qualcosa di così incisivo e determinante. L’opera ha un plot bellissimo, c’erano pochi mezzi. Si evince, comunque, il desiderio di cimentarsi con la sfera letteraria creando qualcosa di diverso».


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