Fresco di ben cinque nomination alla 84° edizione degli Academy Award per il suo span style="font-style: italic;"The Descendants/span (tradotto in Italia con il discutibile titolo span style="font-style: italic;"Paradiso amaro/span),span style="font-weight: bold;" Alexander Payne/span è arrivato a Roma dove, nella cornice dell’hotel Eden, ha incontrato i giornalisti per parlare del suo nuovo film dopo i successi di span style="font-style: italic;"A proposito di Schmidt/span e span style="font-style: italic;"Sideways/span.br /br /span style="font-style: italic;"Paradiso Amaro/span verrà distribuito, a partire dal 17 Febbraio prossimo, in 250 copie che potrebbero aumentare nel caso in cui la notte del 26 Febbraio il regista di origine greca riuscisse a portare a casa la tanto agognata statuetta. E proprio sulle cinque nomination si è aperta la conferenza stampa, quando Alexander Payne, senza alcuna falsa modestia, ha dettospan style="font-style: italic;" «Non posso dire che me lo aspettavo/span – ha confessato, riferendosi al numero di nomination ottenute - span style="font-style: italic;"ma senza dubbio avevo dei sospetti. Immaginavo di ricevere almeno 3 o 4 nomination, soprattutto dopo i Golden Globe, che sono un’indicazione per gli Oscar /span(Payne ha vinto il globo d’oro per il miglior film drammatico, e il suo protagonista – George Clooney – ha sbaragliato gli avversari, per il miglior attore in un film drammatico, n.d.R.). Naturalmente gli Oscar hanno rappresentato un po’ il tema portante della conferenza che, lo ricordiamo, si è tenuta il 25 Gennaio 2012, ossia il giorno dopo l’annuncio delle nomination agli Oscar. span style="font-weight: bold;"Alexander Payne/span ha risposto pazientemente a tutte le domande sul tanto ambito premio, spiegando come sia span style="font-style: italic;"«onorato e contento di essere al fianco di altri grandi registi. ... È bello essere al fianco di persone che stimo, come Martin Scorsese e Woody Allen»/span. Il regista ha raccontato poi come avviene la preparazione pre-oscar in America, in cui si organizzano dei simposi: ossia una sorta di forma di cortesia verso il pubblico, come ha spiegato lo stesso Payne. Di solito questi simposi sono due: uno (che si terrà il prossimo Venerdì) è organizzato dalla Director’s Guild, il sindacato dei registi americani, a cui prendere probabilmente parte anche span style="font-weight: bold;"David Fincher/span, span style="font-style: italic;"«un mio buon amico»/span. Il secondo, invece, verrà organizzato dalla stessa Academy, e ad esso sono invitati i cinque registi che concorrono per il premio Oscar. Payne ha anche fatto sapere che, quest’anno, probabilmente ci saranno solo 3 registi a questo secondo episodio. A detta del regista statunitense mancheranno span style="font-weight: bold;"Woody Allen/span e il latitante span style="font-weight: bold;"Terence Malick/span, famoso per l’abilità con cui rifugge da ogni evento anche lontanamente mondano.
Infine Payne ha dichiarato che A separation è il suo film preferito, e che avrebbe meritato di entrare nella categoria dei migliori film.
pDopo questa lunga premessa sugli Oscar, finalmente Payne ha avuto modo di promuovere il suo film, partendo dal suo protagonista, il tanto chiacchierato span style="font-weight: bold;"George Clooney/span. Payne, nel corso della sua carriera, ha avuto la fortuna di lavorare con un gran numero di attori talentuosi; appare lecito, dunque, chiedergli come sia il suo rapporto e il suo lavoro sui suoi interpreti. span style="font-style: italic;"«Parliamo di grandi star internazionali, - ha risposto – con tutto il contesto che ne consegue. Voglio dire che c’è l’aspetto del gossip, soprattutto per George Clooney. Perciò sento sempre parlare dell’ultima fidanzata, e di altri rumors simili. Dopo About Schmidt tutti mi chiedevano: “Come mai Jack Nicholson non alza mai il sopracciglio? Come mai è sposato? Perché non sta con una ragazza più giovane?” Come se non si potesse scindere il personaggio dall’attore che lo impersona. Sono grandi star, ma sono soprattutto attori. E quando lavorano con me hanno la consapevolezza che io voglio un estremo realismo, e che quindi sono in un film che rispecchia – o tenta di rispecchiare – la realtà, e non certe produzioni glamour di Hollywood. Io mi dimentico l’aspetto glamour e di gossip, e lo ricordo solo nelle interviste di promozione del film»/span.
Oltre al realismo, l’altra dote del film di Payne è senz’altro il classicismo con cui l’ha diretto. span style="font-style: italic;"«Penso che a tutti possa piacere il cinema classico. Devo dire però che non conta tanto lo stile, quanto la sincerità del regista nell’adottare uno stile piuttosto che un altro. Io sono un regista americano e lavoro con un determinato budget, e questo richiede da parte mia un determinato stile, che è diverso da quello che avrei se fossi un regista europeo, russo, della repubblica ceca. Detto questo, io amo il cinema classico americano, almeno fino al 1980, ma non voglio limitare la mia attività, quindi può darsi che in futuro cambierò il mio stile. Ogni storia, dopotutto, necessita di uno stile diverso»./spanMa oltre lo stile, anche la scelta dell’ambientazione è fondamentale. Paradiso Amaro si svolge nello scenario da sogno delle isole Hawaii, dove l’aristocrazia bianca si mescola con la gli originari delle isole. span style="font-style: italic;"«Le Hawaii sono uno dei motivi per cui ho scelto di dirigere questo film. Hanno un tessuto sociale e culturale che deriva dalla consapevolezza che ogni hawaiano ha della propria discendenza e delle proprie origini. Un milione e duecentomila abitanti, distanti dalla terraferma … Le Hawaii rappresentano uno stato a sé, e per questo rappresentano un’ambientazione unica. Grazie alla loro lontananza dalla terraferma, gli abitanti sono assolutamente provinciali, eppure tutto il mondo – soprattutto giapponesi – va a visitare queste isole. C’è quindi un aspetto cosmopolita. E poi è stato bello viverci per otto mesi»/span./p
pA chi gli ha chiesto come mai nei suoi film i protagonisti debbano sempre affrontare una situazione difficile e/o luttuosa, il regista risponde: span style="font-style: italic;"«Da Edipo in poi, penso che questa sia la condizione di gran parte di noi. Le opere più importanti – siano esse in campo cinematografico che letterario – mettono sempre al centro una persona comune in una situazione difficile. Io non faccio eccezione, in questo. Mi piace misurare i miei personaggi con situazioni drammatiche, ma anche comiche. In effetti, io mi considero un regista da commedia»/span. E proprio sulla ricorrenza di temi forti e drammatici Payne è tornato a discutere, quando gli è stato chiesto il suo parere sull’eutanasia. span style="font-style: italic;"«La domanda mi sorprende, come mi ha sorpreso quando mi è stata posta al Torino Film Festival. Non sapevo che in Italia ci fosse una discussione così accesa su un argomento che in America è accettato e pacifico. Dal punto di vista aneddotico, vi posso dire che almeno una volta al mese qualcuno mi dice: “Se mi trovassi in quella situazione, sparami”»/span.
L’ultima parte della conferenza è dedicata alla memoria di Théo Anghelopulos, regista greco, morto all’età di 76 anni per le conseguenze di un investimento stradale. span style="font-style: italic;"«Kurosawa diceva che avrebbe voluto morire mentre faceva un film… Anghelopulos è morto mentre girava un film e, dopotutto, non è male come modo di morire. Sapete, non ci sono molti registi di origine greca che abbiano talento e che siano conosciuti. E’ un peccato che se ne sia andato uno di loro». Il regista ha poi ricordato l’occasione in cui ha incontrato il regista greco, a seguito della proiezione del suo film Sideways. «È stato molto dolce. Mi ha detto: “Continua a fare film. Un giorno spero di vedere il tuo nome accanto a quello dei grandi registi di origine greca»/span.
Alexander Payne sembra averlo preso in parola./p