Il ruolo dell’arte nella vita dell’uomo è tema focale di non pochi dibattiti che sono stati perno della letteratura e dell’arte stessa per secoli. Arte come specchio distorto della realtà, ma talvolta come figurazione perfetta della verità; o ancora Arte come perpetuazione dell’uomo dopo la sua morte. Per secoli l’essere umano si è domandato se fosse possibile (e se sì, in quale modo) imprimere un mondo in continuo mutamento su una tela immutabile, tra le righe di un sonetto che rimarrà sempre scritto con gli stessi versi e le stesse parole. Ma qual è il ruolo dell’arte nell’esistenza dell’umanità? Qual è lo spazio e la sua funzione nel percorso di un’umanità che scrive la propria storia con la politica? Quale forza è in grado di assumere al cospetto di lotte e guerre sanguinose per il potere e il dominio di una terra che mette al mondo politici e, allo stesso modo, esseri umani dotati di quello straordinario genio creativo necessario a concepire quelle stupefacenti opere custodite e sorvegliate nei musei di tutto il mondo? pFrancofoniaspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;" è la storia di due uomini, apparentemente agli antipodi, e della loro collaborazione nell’intento di salvare le opere del Louvre durante il sanguinoso conflitto della Seconda Guerra Mondiale e l’occupazione di Parigi da parte dei nazisti: si tratta di Jean Jacques Jaujard, direttore del museo, e dell’ufficiale Frankiskus Wolff-Metternich. Ma /spanFrancofoniaspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;" non setaccia le dinamiche dei contrasti fra questi due protagonisti, che la storia l’hanno fatta pur rimanendo confinati nel proprio anonimato, bensì tra ciò che essi rappresentano: l’arte e la storia. Tra immagini di repertorio ricreate, tra piante del Louvre ridisegnate e sovrapposte a scenari digitali di verdi campagne, Sokurov abbandona il classicismo del suo cinema, rinnovato prima con il mitico piano sequenza di Arca Russa/spanspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;" e poi ritrovato e rinvigorito con il bellissimo atto poetico di /spanspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;"Faust/spanspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;", per addentrarsi e smarrirsi tra i labirinti del falso documentario, in un misto tra simulazione e realtà. Oggetto del suo interesse è ancora un museo (stavolta il parigino Louvre): /spanspan style="font-size: 9pt;"Francofonia/spanspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;" è l’ennesima occasione di cui Sokurov si serve per chiarire quello stesso discorso iniziato tempo fa grazie ad /spanspan style="font-size: 9pt;"Arca Russa/spanspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;". Un museo è molto più che un edificio in cui ordinare e custodire dipinti e marmoree sculture: un museo è la testimonianza storica del paese in cui sorge, la sua preziosissima spina dorsale senza il quale non esisterebbe. Il ruolo che assume l’autore, al cospetto della sua ultima solenne opera, è di triplice importanza: prima come regista che, quasi letteralmente, fluttua attorno ai fantasmi del passato, poi come storico che ricrea false testimonianze per narrare il vero; infine, come marinaio pronto a prendere le redini di un’Arca percossa, per salvare da una minaccia incombente ciò che resta dell’umanità./span/p pChe cos’è il Louvre? Questa la domanda trainante di Francofoniaspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;", elegia di anomala bellezza, percorso tra gli interstizi di un edificio che trasuda storia. Un viaggio che corre su tre binari: in primis, su quello della macchina da presa che si libra vorticando tra i corridoi, indugiando su questa scultura, come per carezzarla, ma ora su quest’altra, /spanspan style="font-size: 9pt;"per afferrare ciò che deve essere preservato dalla distruzione. Quindi un viaggio, prima di tutto, concreto ed evocativo, modulato dal suono di una voce narrante che talvolta si rivolge lo spettatore con sagacia, rendendolo partecipe con tutti i suoi sensi. In secondo luogo, /spanFrancofoniaspan style="font-size: 9pt;"/spanspan style="font-size: 9pt;" è un flusso interminabile di pensieri che scorrono sull’asse del tempo, capaci di interrogare il presente, osservando il passato e prevedendo il futuro, e quindi evocando momenti storici: perché cos’è l’arte se non la storia? E cos’è un uomo senza il proprio passato? È su questo che ci si deve interrogare per comprendere l’importanza di un edificio tanto magniloquente quanto muto e piccolo in confronto alla forza brutale delle armi. Sokurov si spoglia delle sue vesti di uomo russo per farsi, più propriamente, uomo europeo. “Francofonia”: la capacità di parlare francese, ma anche il suono di una musica. E il regista russo, che è soprattutto uomo europeo, ascolta la melodia e vi ravvisa una chiamata d’emergenza, il messaggio di un’ovattata supplica d’aiuto che giunge da lontano, di un’identità che va perdendosi. Sokurov sfrutta il suo essere non-francese per prendere le difese di un paese intimidito e imbrogliato dall’interno; un paese non suo che rappresenta, però, il cuore del Vecchio mondo, qualcosa in cui è naturalmente coinvolto. E questa istanza giunge proprio dai fastosi e taciturni androni del Louvre, museo spogliato delle proprie opere e immagine in scala di un paese depredato della propria libertà e identità./span/p pInfine, il viaggio di Francofoniaspan style="font-size: 9pt;"/span è anche quell’arduo percorso che l’arte deve intraprendere per essere salvata: “è assurdo che l'Arte venga trasportata per mare”. È assurdo che l’Arte, tanto in grado di penetrare la storia, sia ora soggiogata dal pericolo della storia stessa che l’accoglieva, e venga ora sballottata dalla burrasca degli eventi: per quale motivo ciò che avviene quando l’ Arte s’incunea nella storia è di così grande meraviglia, mentre ciò che succede al contrario è adesso causa di distruzione? Marianne, allegoria dei diritti della Repubblica Francese, che volteggia danzando e ripetendo il motto “liberté, egalitè, fraternitè”, sormonta “La Libertà che guida il popolo” e tutti i dipinti e i ritratti che le danno vita: la storia si stacca dall’arte che la contiene e diviene, paradossalmente, compresente insieme all’antistante assolutistico “c’est moi!” di Napoleone, che valica la cornice di un suo ritratto: la storia che si separa dall’arte che la contiene. E allora il Louvre si fa spazio di pace, atemporale e silenzioso, dove la storia e l’arte bisbigliano dinanzi un’enigmatica Gioconda nella speranza comune di sopravvivere e difendersi dalla politica totalitarista e violenta dell’ospite chiassoso: un ospite che non solo è liberticida, ma che non è mai stato invitato e ora rischia di spazzare via le orme di ciò che è stato prima di lui. La storia di Francofoniaspan style="font-size: 9pt;" /spansi nutre, quindi, degli acuti interrogativi che pone: più della preoccupazione per ciò che sarebbe stato di Parigi se la città fosse stata bombardata, ci si chiede: cosa sarebbe stato di tutta l’ Europa se il suo cuore, Parigi, fosse stato abbattuto? Francofoniaspan style="font-size: 9pt;" /spanè l’eccezionale oratio perpetua di un uomo che si prefigge lo scopo di consacrare la continuità dell’arte e della cultura in un mondo che tutto annienta, le parole di un uomo che risponde all’eco span style="font-size: 9pt;"delle metamorfosi ovidiane e delle Odi di Orazio, ma che ne sovverte il discorso in maniera significativa: l’uomo deve prima, a tutti i costi, proteggere la poesia e la bellezza per poi poter godere dell’immortalità che esse offrono in cambio./span/p