L'uscita de {a href='http://www.silenzioinsala.com/3938/la-bella-e-la-bestia/scheda-film'}La Bella e la Bestia{/a} edizione 2017 porta alla ribalta un tema interessante come quello della trasposizione in live action, film recitati da attori in carne e ossa tratti cartoni animati, fumetti e videogiochi. Nel corso del tempo abbiamo assistito a molte di queste operazioni: pensiamo a tutti i cinecomics Marvel, ma anche alle versioni cinematografiche dei videogiochi più famosi, dal Super Mario Bros. del 1993 all’Assassin's Creed del 2016. Disney ha inaugurato il filone dei live-action a partire dai propri Classici in tempi non sospetti, ovvero nel 1996 con La carica dei 101, un esperimento che aveva avuto successo senza entusiasmare. Nel 2010 la società di Topolino ha scelto di riprendere il discorso affidando a Tim Burton Alice in Wonderland, ottenendo stavolta, oltre al successo, il margine di confidenza necessario a inaugurare un vero e proprio filone di remake. Ma affidare ad attori reali i ruoli che furono o sono di personaggi immaginari e nell’immaginario di ognuno sedimentati è davvero sempre opportuno? Per Disney sembrerebbe che la risposta sia “forse”, almeno a vedere i risultati altalenanti dei vari {a href='http://www.silenzioinsala.com/3541/il-libro-della-giungla-2016/scheda-film'}Il Libro della Giungla{/a}, Maleficent e L'apprendista stregone. Per Marvel è un “assolutamente sì”, come si direbbe anche per DC e per altri detentori di importanti brand fumettistici. Per il mondo del gaming, il live-action sembra una via obbligata per il grande schermo, ma la difficoltà di trasporre contenuti interattivi in narrazioni lineari non ha ancora permesso il raggiungimento di risultati davvero inattaccabili. Ma da cosa dipende il successo o meno di queste operazioni in senso lato? La risposta al quesito, ammesso di averla, è necessariamente sfaccettata. Da una parte è sicuramente necessario che il prodotto finale, a prescindere da quale sia l’origine, abbia consistenza e qualità come opera a se stante: va da sé che una buona sceneggiatura, una buona regia, una buona fotografia, una buona recitazione sono elementi imprescindibili perché un film, di qualunque specie, sia valido. Spesso l'elemento a essere più debole fra questi è la storia, o meglio, l'adattamento sul grande schermo. La spettacolarità delle sequenze realizzate per i cinecomics Marvel, o il tentativo di riproporre in un lungometraggio la frenesia e il coinvolgimento dei più noti videogiochi, a volte ha posto e pone in secondo piano la ricerca di coerenza e consistenza di storia e dialoghi. In questo i Classici Disney hanno il vantaggio di una narrazione già costruita e funzionante, spesso riproposta in modo assolutamente aderente alla versione originale. Chiarito questo, ci si potrebbe chiedere dove risieda allora il limite in questi casi. Generalmente si può rintracciare nella minor spettacolarità raggiunta da racconti che, nelle loro versioni a cartoni animati, hanno già proposto l’emozione e lo stupore di effetti speciali straordinari, la tenerezza e la forza di disegni che a volte sanno trasmettere più di quanto non possa fare un attore in carne e ossa, rendendo al contempo accettabili semplificazioni che nella versione “reale” risultano indigeste o noiose. Prova di questo potrebbe essere il successo de {a href='http://www.silenzioinsala.com/3541/il-libro-della-giungla-2016/scheda-film'}Il Libro della Giungla{/a}, dove già nella magia dei disegni era possibile trovare quello che è stato a fatica ricreato in CGI. Preso lo stupore come punto di riferimento, il discorso funziona anche per i fumetti: trasporre in effetti speciali i disegni statici di tavole pur bellissime fornisce la novità che cattura tanto l’appassionato quanto lo spettatore che non ha mai letto un albo. Sul videogioco, la natura stessa dell’immagine videoludica, tendente al fotorealismo, rende la scelta del live-action l’unica possibile: un film d’animazione non verrebbe letto come una reale novità, quanto piuttosto come una banale eliminazione delle parti interattive dell’opera d’origine. Ma nel caso del videogame ancora più rilievo ha la scelta della storia: trasporre in narrazione racconti che in forma di gioco sono vissuti in prima persona dagli utenti rende superflua la visione al cinema. Sarebbe come volerli appassionare con il racconto di qualcosa che conoscono meglio di qualunque narratore. Viceversa ha senso recuperare indipendenza e dignità del medium cinematografico portando sul grande schermo vicende che, ambientate nello stesso contesto narrativo, forniscano punti di vista diversi, storie integrative, approfondimenti o spin-off dai videogiochi, andando a costruire un racconto che dia ai videogiocatori il quid in più, e al contempo possa fornire un valido intrattenimento anche agli spettatori che del videogioco non hanno esperienza.