Gli scintillanti occhi di Kabir Bedi, incastonati nel suo viso olivastro, hanno segnato l’immaginario di una generazione. L’attore è diventato un’icona grazie a Sergio Sollima, autore e regista della miniserie in sei puntate sulle avventure di Sandokan.
Negli anni ’60 Sollima si fa notare dirigendo ottimi spaghetti-western, bazzicando gli altri generi “di moda” in quel periodo (il giallo, il noir e il poliziesco) e collaborando con attori come Tomas Milian, Fabio Testi, Gian Maria Volonté, Lee Van Cleef e Charles Bronson prima di approdare in televisione.
Qui dirige prima la sopracitata miniserie di Sandokan, poi due film per la TV (Il Corsaro nero, La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa!) e infine una serie di produzioni minori e meno coraggiose, triste destino che negli anni ’90 ha accumunato molti dei nostri autori di genere. È la fine del cinema artigiano e sperimentale, coraggioso copione dei grandi successi USA. La fine degli horror, dei noir, dei polizieschi, dei western, dei fantascientifici e post-apocalittici italiani.
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Il tramonto di un’era, che si è appiattita contro lo schermo di una tv, edulcorando i contenuti e facendo scivolare il genere in un oblio che sarebbe durato vent’anni. Un oblio dal quale ci stiamo destando solo ultimamente per merito (non unico, ma sicuramente tra i maggiori precursori) proprio del figlio di Sergio: Stefano Sollima.
bLo stile Sollima, di padre in figlio/b
Classe 1966, Stefano Sollima al contrario di molti colleghi non frequenta nessuna scuola di cinema, ma cresce sui set del padre prima di lavorare come cameramen per emittenti come NBS, CBS, CNN, realizzando reportage e documentari in diverse zone di guerra.
Dopo essersi fatto le ossa, inizia a dirigere fiction in TV: alcune puntate di Un posto al sole, La squadra, la miniserie Ho sposato un calciatore. Infine approda “al genere”. Crimini è una serie antologica prodotta da Rai Fiction nel 2006, ideata dal magistrato e scrittore Giancarlo De Cataldo.
Ogni puntata è a tutti gli effetti un film giallo, thriller o noir, con una trama indipendente tratta dai maggiori scrittori nostrani del genere: Lucarelli, Carlotto, Faletti, Carofiglio, Camilleri. Stefano Sollima dirige uno degli episodi: Il covo di Teresa, adattamento di un racconto di De Cataldo. Evidentemente compie un ottimo lavoro, dato che una manciata di anni dopo si troverà a dirigere un’intera serie televisva tratta proprio dal più famoso romanzo di Giancarlo De Cataldo. Una serie che sarà un netto punto di rottura nel panorama televisivo italiano.
bStoria di un Romanzo Criminale/b
Nel 2008 le nostre produzioni tv di punta sono Tutti pazzi per amore, I liceali, I Cesaroni o le ennesime stagioni di Distretto di polizia e RIS. Cattleya e Sky Cinema uniscono le forze e fanno uscire sulla pay-per-view Romanzo Criminale - La serie, tratta dal romanzo di Giancarlo De Cataldo già adattato sul grande schermo da Michele Placido pochi anni prima.
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Alla regia di tutti i 22 episodi vi è Stefano Sollima, ai tempi praticamente uno sconosciuto figlio d’arte. La storia è quella della banda della Magliana, un gruppo di delinquenti che decide d’impadronirsi di Roma e di tutte le sue attività illegali. Di riflesso è anche uno spaccato dell’Italia degli anni di piombo, delle Brigate Rosse e della strage di Bologna.
Quello che colpisce sin da subito non è però la storia (la malavita è sempre stata al centro di tantissime nostre serie tv, da La Piovra in poi) ma l’impostazione. Per la prima volta, da troppo tempo, dietro la macchina da presa non c’è qualcuno che vuol fare una versione patinata della realtà, a suon di toni smussati e recitazione scolastica, ma qualcuno che vuole fare cinema!
In ogni scena Sollima cura il contesto storico al limite del maniacale, carica la fotografia e soprattutto fa recitare gli attori. Non c’è una sola scena di Romanzo Criminale - La serie in cui lo spettatore non crede a ciò che sta guardando. E il merito è senza dubbio di Sollima, che crede per primo in ciò che sta facendo: del grande cinema trasposto in televisione, proprio come insegnano gli americani.
La serie diventa un fenomeno. La gente ne parla tantissimo, brama la puntata successiva trovandosi a casa di amici per poi commentare come se fosse una partita. Gli attori, invitati in radio o in TV, sono trattati come rock-star. E per la prima volta possiamo sentirci orgogliosi di una produzione italiana, dimostrando al mondo che anche noi siamo capaci di fare prodotti competitivi. Romanzo Criminale - La serie è, a tutti gli effetti, la dimostrazione che il cinema di genere, se fatto bene, può funzionare anche in Italia.
bStefano Sollima, tra tv e cinema/b
Nel 2012 Stefano Sollima esordisce sul grande schermo con ACAB - All Cops Are Bastards, tratto dal libro di Carlo Bonini: la storia di un gruppo di celerini romani. Al contrario di quanto si possa pensare non è un film di denuncia, né un film sociale o politico. O almeno non solo: perché è tutto questo, ma anche fiction che ha sullo sfondo la cronaca italiana e soprattutto è una storia dove il confine tra bene e male, giusto e sbagliato si assottigliano sin quasi a scomparire.
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Nello stesso anno, Sollima torna a collaborare con Sky per Gomorra – La serie, liberamente ispirata al romanzo di Roberto Saviano. Sollima riprende in mano i topoi a lui cari e li adatta a Napoli, oggi, costruendo un microcosmo criminale che si muove invisibile nei bassifondi della città partenopea. Il fenomeno di Romanzo Criminale - La serie si ripete con ancor maggior successo. Stefano Sollima diventa una specie di guru che ha ridato dignità a un certo tipo di produzioni.
Arriva a dirigere il suo secondo film Suburra (prodotto da bNetflix/b, che poi si aggiudicherà anche l'omonima serie), ma abbandona Gomorra - La serie in cabina di regia per guardare Oltreoceano, dove gli americani offrono a Sollima di dirigere una grossa produzione con grandi nomi in cartellone.
bSoldado: l’avventura americana/b
Stefano Sollima si trova così alla guida del sequel del film di Denis Villeneuve, Sicario, il cui testimone non è semplicissimo da raccogliere. Faccia a faccia con attori del calibro di Benicio Del Toro e Josh Brolin, è costretto a gestire una produzione ben più imponente (e sicuramente diversissima) da quelle italiane a cui era abituato.
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Il risultato è un ottimo film che rispecchia a pieno le aspettative del pubblico, rispetta lo stile imposto da Villeneuve con il primo film ma riesce comunque ad avere un suo respiro, merito anche di una sceneggiatura che rende la pellicola molto autonoma e poco vincolata alla storia già narrata. Ma soprattutto Soldado è un film in cui l’impronta “criminale” di Sollima è ben riconoscibile, ennesimo auspicio per una carriera in piena ascesa.