Marco Bellocchio, classe 1939, Leone d'Oro alla Carriera alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, da sempre conduce una ricerca personale che guarda oltre gli schemi prestabiliti e talvolta stretti di una società ipocrita e omologata. Sin dal suo esordio, nel 1965 con I pugni in tasca, la sua è una critica alle istituzioni e alla società borghese. Ma bil cinema di Bellocchio/b - che un tempo si poteva definire "politico", "arrabbiato" - è andato progressivamente allargando la propria visione fino a diventare metaforico, mostrando altre realtà e dotandosi di improvvise e bellissime accensioni figurative. img E così dopo In nome del Padre, Sbatti il mostro in prima pagina (1972) e Marcia Trionfale (quest’ultimo, critica alle istituzioni militari), Bellocchio rilegge nel 1977 Il Gabbiano di Anton Cechov e Il Diavolo in Corpo nel 1986, tratto dal romanzo di Raymond Radiguet. Quando la sua cinematografia è ormai quella matura di un autore affermato e consacrato, Marco Bellocchio si dimostra capace di andare oltre la critica diretta e aggressiva, senza dimenticare di affrontare temi scomodi, sociali ed etici, come l'ipocrisia religiosa ne L'ora di religione (2002) o il delicato argomento dell'eutanasia in Bella Addormentata (2012), che racconta gli ultimi giorni di bEluana Englaro/b. Bellocchio riesce ad ampliare sempre più il respiro del suo racconto. Nel 2016 Fai bei sogni, film di apertura al Festival di Cannes, descrive il rapporto difficile e ambivalente con un proprio caro scomparso. Qui fa capolino l’elemento del sogno, che già era presente in Buongiorno, notte (2003), con la celebre scena della passeggiata di bAldo Moro/b libero per le strade di Roma. img Anche nel suo ultimo lavoro, Il Traditore, il protagonista sogna. Si tratta di bTommaso Buscetta/b (Pierfancesco Favino), il primo importante testimone di giustizia della storia mafiosa italiana. Il film racconta il rapporto tra Stato e criminalità organizzata: storie e personaggi sono ben definiti, lo stile è corposo e l'epopea di un antieroe – amante delle donne, della vita e dotato di un suo personale senso etico, pur restando un assassino – risulta credibile e avvincente. Ne Il Traditore ritornano alcuni dei temi più cari a Bellocchio. Oltre al sogno, anche la malattia, la famiglia, il potere, i ruoli (genitori e figli, servi e capi) e gli oggetti (gabbie, porte, letti e canzoni). Attraverso il ritratto di quest'uomo così singolare e significativo, però, Marco Bellocchio ci parla con sguardo laterale e ci induce a osservare il presente. Il dialogo attento e difficile con la società contemporanea, il regista non lo ha mai interrotto; esattamente come l'analisi di varie forme di potere e di servitù, che provengano dal conflitto familiare o da quello sociale, religioso o criminale. img Immergersi nella contemporaneità , con coerenza, come il regista ha sempre fatto, implica rischi e reca con sé inevitabili critiche, ma è un lavoro necessario e prezioso. E in Italia, oramai, autori come Marco Bellocchio non ce ne sono molti.