Lynch torna al cortometraggio con un'opera uscita esclusivamente sulla piattaforma Netflix la sera del suo compleanno, il 20 gennaio 2020
David Lynch torna alle atmosfere in bianco e nero di Eraserhead con un cortometraggio uscito esclusivamente sulla piattaforma Netflix la sera del suo compleanno, il 20 gennaio 2020: What did Jack do?
Realizzazione sperimentale del 2016, prodotta dalla Fondation Cartier pour l'Art Contemporain di Parigi, il corto è stato proiettato l'anno successivo nella capitale francese e successivamente al Festival of Distruption di New York: si tratta di una rassegna annuale, creata da Lynch in persona, con contenuti ispirati al suo mondo e alla meditazione trascendentale, una tecnica che il regista esegue da sempre per aprirsi alla creatività. Ma a parte queste proiezioni, il corto non era mai stato distribuito ufficialmente.
Le prime associazioni che ci balzano in mente, appena visto What did Jack do?, sono le atmosfere del suo primo lungometraggio da regista, appunto Eraserhead, come anche l’ambiente poliziesco - molto caro al regista – di Twin Peaks e Velluto blu.

Di cosa parla What did Jack do? su Netflix
Lynch torna a vestire i panni di un detective, come lo abbiamo già visto fare in Twin Peaks - soprattutto nella stagione 3 nei panni di Gordon Cole - e, con la sua vocina stridula, si mette a interrogare una scimmia cappuccina. Ovviamente quest'ultima parla e ha un nome, Jack Cruz, ed è sospettata dell'omicidio di Max, amante della gallina di cui Jack è innamorato, Toototabon.
Ritroviamo nel corto vari elementi della poetica del regista: l’onnipresente caffè (al quale viene dedicato anche un lungo primo piano), le sigarette, la location del bar - in questo caso di una stazione dispersa nel nulla, molto probabilmente di un'altra dimensione - e il bianco/nero metallico che ricorda l'ambientazione della loggia bianca di Twin Peaks.
Il linguaggio e le movenze della scimmia sono volutamente bizzarre, un po' come quelle del nano della Loggia Nera: il viso dell’animale è un fotomontaggio della bocca di Lynch e anche la sua voce è rimaneggiata a partire da quella del regista; un montaggio curatissimo permette alla scimmia di muoversi con una valenza drammatica ed espressiva. I dialoghi sono surreali, slegati e senza senso; ma nel guazzabuglio, Lynch ci permette comunque di comprendere la semplice trama che sta alla base.
Una delle parti più corpose del corto è la canzone che la scimmia intona, ricordando la sua amata. Un momento surreale che ricorda anche l'amore di Lynch per la musica. Quasi in ogni suo film un personaggio si mette a cantare: la donna del termosifone di Eraserhead, i vari ospiti in Twin Peaks, Isabella Rossellini e Dennis Hopper in Velluto Blu, il Club Silencio in Mulholland Drive. La musica ha sempre giocato un ruolo cardine nell'opera di Lynch che, non dimentichiamolo, è anche un musicista con vari album alle spalle e importanti collaborazioni.
Il ritorno di David Lynch alla tv
Il media utilizzato per questa nuova opera, il cortometraggio, è un formato caro al regista e lo riporta alle origini con opere come The Alphabet e The Grandmother, ma anche più iconici come Rabbits e Lady Blue Shanghai – spot girato per Dior - fino al recente Ant Head del 2018. Il corto permette a Lynch di dare sfogo, in pochi minuti, alla sua più intrinseca creatività, senza per forza concentrarsi sulla trama o sul significato ultimo.

L'arrivo di What did Jack do? su Netflix ha scaldato i cuori dei numerosi fan di Lynch, che sperano sia il preludio per qualcosa di più. Il regista, al momento, ha lasciato aperte le porte alla possibilità di una quarta stagione di Twin Peaks, della quale però non si parlerà fino al 2021. Vedremo come ci sorprenderà, di nuovo, nei prossimi anni.