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Mad Men - Stagione 3

03/07/2017 10:00

Aurora Tamigio

Recensione Serie TV,

Mad Men - Stagione 3

Non tutto ha origine dal principio...

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Non tutto ha origine dal principio. Mad Man, per esempio, nasce dalla terza stagione. Ventisei splendide puntate hanno fatto, fin qui, da prologo a una storia che ora può finalmente iniziare. E una première da 2,9 milioni di spettatori si scontra con un pilot che, appena due anni prima, ne registrava 900.000.


La Sterling&Cooper ha un nuovo amministratore, il britannico Lane Pryce, che si porta appresso licenziamenti, un galoppino antipatico e prestigiosi soci oltremanica. Due bellissimi flashback aprono e chiudono la season 3: un bambino viene alla luce nella prima puntata, davanti agli occhi di Don Draper, mentre l'assurda fine di Archibald Whitman viene mostrata in chiusura di stagione; un figlio che nasce e un padre che muore. Dove gli estremi della vita si sfiorano, fino quasi a incontrarsi, Matthew Weiner colloca i suoi personaggi. Del resto non sono Dick Whitman e Don Draper entrambi figli della morte? Di una madre uccisa dal parto, il primo; di un ufficiale caduto in guerra, il secondo.


Nella terza stagione il nostro (amato?) protagonista precipita non più solo nei titoli di testa ma anche lungo la storia. E la sconfitta si attacca alla famiglia Draper come un'infezione. Dopo una manciata di puntate in cui infanzia e senilità si scambiano il sapere, i vizi, i capricci e le sofferenze, la piccola Sally Draper resta sola ad affrontare la perdita del nonno Eugene. Le lacrime liberatorie e arrabbiate di una bambina si scontrano sul muro gelido delle emozioni di sua madre. Infatti, anche per Betty l'infanzia è finita: la morte del padre e la nascita di un figlio (che, con marcato simbolismo, portano lo stesso nome) la catapultano in una realtà incerta, popolata di sogni: come quello della 3x05, The Fog, uno dei più bei casi di onirismo rivelatorio dell'intera serie.


Dalla puntata 3x06, Guy walks into an advertising agency, Mad Man cambia rotta. Un taglio netto — è il caso di dirlo — divide passato e presente della serie: storia e attualità, pur non abbandonando mai il campo, lasciano sempre più spazio a scelte di sceneggiatura estreme, paradossali, talvolta surreali. In Guy walks into an advertising agency, puntata capolavoro, Matthew Weiner affida a Joan — personaggio che dalla terza stagione in poi assume un'importanza decisiva — la soluzione per decifrare la filosofia del caos. Una forma di darwinismo per cui solo chi riesce a plasmarsi al successo, come alla sconfitta, sopravvive nel suo ambiente fino alla fine. Come Pete Campbell, ancora una volta paragonato al presidente Kennedy nella puntata 3x12, The Grown Ups, la cui prima grande crisi professionale coincide con l'assassinio di Dallas. Come Peggy, determinata a conquistare il posto che sente ormai spettarle di diritto a Manhattan («I'm one of those girls»). Sarà proprio Don, nel bellissimo finale di stagione Shut the Door. Have a Seat, a volerli entrambi accanto a sé come gli unici in grado di leggere il futuro che verrà.


That's life. One minute, you're on top of the world. The next, some secretary is running over your foot with a lawn motor


Se già nelle puntate precedenti non era mancata occasione per detestare Greg, il marito di Joan, nella terza stagione sembra ormai evidente che il signor Harris non ci andrà mai a genio. Nella 3x03, My Old Kentucky Home, una puntata splendidamente femminile, la storyline di Joan si contrappone alla strana giornata di Peggy e alle vicende delle mogli tradizionali come Betty, Trudy e Jane (con cui ha un meraviglioso "mezzogiorno di fuoco" in ufficio, a inizio episodio). Durante la cena organizzata per i colleghi del marito e le loro consorti, Joan realizza di aver sposato un uomo di nessun talento. I tempi del machismo sono lontani e lo sguardo implorante che Greg rivolge alla moglie per convincerla a suonare la fisarmonica appare come un grido di aiuto per distogliere l'attenzione dai suoi fallimenti: in quei pochi secondi, sulle spalle di Joan pesa non solo uno strumento musicale ingombrante (e maschile) ma anche l'inettitudine del proprio compagno.


L'asprezza di questa scena traghetta direttamente alla puntata 3x06, Guy walks into an advertising agency. Joan, che ha deciso di lasciare il lavoro, tradita della (quasi) sicura promozione di suo marito, si ritrova a essere — di nuovo — fondamentale in ufficio per fronteggiare un grave incidente. Nelle riflessioni sussurrate a Don nella sala d'attesa dell'ospedale, colme di umorismo ma anche di amara consapevolezza, la bellissima Joan mostra di sapere bene come l'imprevedibilità della vita conduca a stare oggi sul tetto del mondo e domani negli abissi del fallimento. Tanto vale adattarsi e decidere per se stessi. Proprio lei, che credeva sposandosi di migliorare la propria posizione, si ritrova accanto un uomo che non la rispetta e non la comprende. Un'altra cadrebbe nello sconforto, ma lei sceglie di sopravvivere alle burrasche. Prendendosi, ogni tanto, la soddisfazione di rompere un vaso in testa all'inutile marito.


You have everything, and so much of it


Nonostante qualche momento di autocelebrazione, per Peggy Olson non è ancora tempo di ricompense. Il duro confronto della 3x05, The Fog, rende esplicito il discorso che il pubblicitario e la sua copy proseguiranno lungo tutta la serie. Si parla di meriti e riconoscimenti, ed è Peggy a chiedere a Don, costantemente, ciò che ritiene la vita debba ripagarle per tutte le sue rinunce. Nonostante l'infido Duck Philips le faccia notare come la mancanza di legami sia un vantaggio per la carriera, le basta sfiorare una scarpetta da neonato per ricordare la propria debolezza.


Del resto la confessione di ammirazione, stima e invidia che Peggy fa al suo capo prende le mosse proprio dalla nascita del terzo figlio di Don, simbolo di tutto ciò che egli possiede in quantità e che a lei è negato. Il pubblicitario continuerà ancora per molto a osservare Peggy come se si trattasse di una sua creazione: sarà necessario aspettare la 3x13, Shut the Door. Have a Seat, perchè Don faccia mea culpa e ammetta finalmente: «I see you an extention of my self. And you're not». Ma a Peggy gli insegnamenti del mentore stanno ormai stretti e la consapevolezza di essere diversa dalle donne che la circondano, la rende sempre meno dolce e indifesa. La ribellione ha il volto di Duck Philips e la relazione clandestina tra i due, accompagnata dalla prima vera tentazione di lasciare il "nido", rappresenta la più evidente sfida all'autorità di Don. Del resto, come gli Stati Uniti post-Kennedy, dopo il 1963 anche Peggy ha perso la propria innocenza.


Who’s really signing the contract?


Per Don Draper l'inizio della fine si chiama Conrad Hilton. Il magnate degli alberghi, conquistato quasi per caso, è un cliente prestigioso che gli vale il trionfo professionale e un appassionato weekend a Roma con sua moglie Betty, che non è mai stata così bella. La puntata 3x07, Seven Twenty Three (ambientata durante l'eclissi del '63) e la 3x08, Souvenir, mostrano impianti narrativi complessi che preparano il terreno all'imminente crollo delle fondamenta: il settimo episodio, dalla singolare costruzione temporale, interseca le storie di Don, Betty e Peggy attorno al tema del potere; l'ottavo alterna bruschi cambi di location. Sarà proprio l'impero Hilton, da New York alla Città Eterna, a condurre il protagonista alla schiavitù: il cliente lo vuole in catene e la Sterling&Cooper gliele fabbrica appositamente. Il pubblicitario, che nella scorsa stagione aveva spiazzato il rivale Duck con la dichiarazione di libertà da ogni contratto, qui si mette in gabbia con le sue stesse mani.


Le minacciose parole di Bert Cooper (che nella prima stagione aveva solo finto di disinteressarsi al segreto di Don) lo costringono a firmare il contratto e diventano presagio di quello che succede alcune puntate dopo: Dick e Betty si incontrano. Il matrimonio dei Draper, basato su una reciproca esposizione («They looked like they were on the top on our wedding cake» per usare le parole di Roger Sterling), si sgretola sugli interrogatori di Betty e sull'inettitudine di Dick Whitman. Così, inerme di fronte allo sfaldarsi della propria vita privata, Don rivolge gli ultimi ruggiti di stagione al progetto della nuova agenzia: la sua presenza da capobranco domina il bellissimo finale, che lo ricongiunge ai "figli" Peggy e Pete e gli concede un'illusione di vittoria.


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