Il processo ai Chicago 7 è un perfetto esempio di epica hollywoodiana. Guardatelo se per una volta avete voglia di parteggiare, senza indugi, per qualcuno; se avete bisogno di vedere scampoli di luce in fondo al tunnel; se avete voglia di respirare quell'atmosfera liberal, magari un po' sorpassata, ma certamente “giusta”; se avete voglia di perdervi nella nostalgia del Sessantotto, quando-sì-che-il-mondo-si-poteva-cambiare. È sanissimo e rarissimo intrattenimento di Serie A: è intelligente, coinvolgente, impeccabilmente girato e non lascia traumi di storie sospese o personaggi a metà.
Se però cercate chiaroscuri e complessità, meglio continuare a scrollare i titoli di Netflix (o magari cambiare piattaforma). Aaron Sorkin, regista e sceneggiatore di Il processo ai Chicago 7, ha dichiarato a Vogue che il film «non vuole essere sul 1968, vuole essere sull'oggi». È un inno al potere delle piazze, come commenta il New York Times, al potere della disobbedienza civile che oggi riecheggia nell'America di Black Lives Matter, che però appare molto diversa da quella in scena. Prima di tutto rispetto alla dimensione del tema delle donne e del tema razziale: il primo inesistente, il secondo contenuto a un personaggio che è protagonista solo di un paio di sequenze. The trial of the Chicago 7 fa delle proteste e della disobbedienza al potere una questione di idee, mentre registe e registi black – per tutti, Ava DuVernay – hanno detto che è questione di esistenza.
Impigliato tra i principi, il film, alla fine, non riesce nemmeno lontanamente a inquadrare i nemici, il “sistema”, contro cui i Nostri i battono.
The trial of the Chicago 7 racconta il processo-farsa subito da sette attivisti contro la guerra in Vietnam che l'anno prima avevano partecipato importanti manifestazioni avvenute in contemporanea alla Covention dei democratici.
I veri protagonisti sono cinque: gli studenti Tom Hayden (Eddie Redmayne) e Rennie Davis (Alex Sharp); gli hippie Abbie Hoffman (Sacha Baron Cohen) e Jerry Rubin (Jeremy Strong); il nonviolento radicale David Dellinger (John Carroll Lynch) e Bobby Seale (Yahya Abdul-Mateen II), il capo delle Black Panthers, il più importante movimento politico black degli anni Sessanta. Gli altri due, Lee Weiner e John Froines, altri studenti, sono due capri espiatori. La sentenza è già preconfezionata, il governo di Richard Nixon, appena subentrato a Lyndon Johnson, vuole mettere a tacere tutto il circo pacifista di hippie, studenti e sognatori. Weiner e Froines sono gli unici che potrebbero essere dichiarati innocenti, per evitare che il processo appaia troppo politico. L'intera messinscena giudiziaria è affidata a un giovane procuratore tutto di un pezzo, Richard Schultz (Joseph Gordon-Levitt), inizialmente restio a cominciare un processo tanto politico (il mandato viene direttamente dal procuratore generale, che negli Usa è il ministro della Giustizia, quindi una carica prettamente politica), ma alla fine si getta anima e corpo sul caso che può essere la svolta della sua carriera. L'obiettivo è far passare alla Corte il messaggio che le proteste violente di piazza avvenute in contemporanea alla convention democratica fossero state ordinate dai sette alla sbarra. Già riuscire a collegarli, viste le provenienze tanto diverse, sarebbe stato un problema, ma non per un secchione molto motivato come Schultz.
Il processo è un susseguirsi di ingiustizie, una più palese dell'altra: dalle finte minacce a giurati, fino a un omicidio. C'è spazio anche per la redenzione delle istituzioni democratiche statunitense (l'uomo in questione, un procuratore, lo interpreta Michael Keaton), per quanto non possa essere registrata a processo per via della sconvolgente incapacità e colpevole impreparazione del giudice, Julius Hoffman (Frank Langella). Se vi interessa sapere quanto del film corrisponda alla realtà, la risposta è “in parte”: i fatti sono più o meno questi, ma il dietro le quinte del processo e soprattutto l'arringa finale, che conclude anche il film, sono inventati. Il processo ai Chicago 7 non è un documentario e non va giudicato per la sua attinenza ai fatti, ma quando in nome dell'epica i fatti vengono eccessivamente appiattiti si corre un po' il rischio melassa retorica. Qui il pericolo è scampato solo perché Aaron Sorkin è un maestro della scrittura e il film finisce con i tempi giusti, evitando di indugiare troppo.
Genere: drammatico, giudiziario
Titolo originale: The trial of the Chicago 7
Paese/Anno: USA, 2020
Regia: Aaron Sorkin
Sceneggiatura: Aaron Sorkin
Fotografia: Phedon Papamichael
Montaggio: Alan Baumgarten
Interpreti: Eddie Redmayne, Frank Langella, Jeremy Strong, John Carroll Lynch, Joseph Gordon-Levitt, Kelvin Harrison, Mark Rylance, Michael Keaton, Noah Robbins, Sacha Baron Cohen, Alex Sharp, Ben Shenkman, C.J. Wilson, Caitlin FitzGerald, Daniel Flaherty, Yahya Abdul-Mateen II
Colonna sonora: Daniel Pemberton
Produzione: Alibaba Pictures, Amblin Partners, Cross Creek Pictures, DreamWorks Pictures, MadRiver Pictures, Marc Platt Productions, Paramount Pictures, Reliance Entertainment, Rocket Science
Distribuzione: Lucky Red, Netflix
Durata: 129'
Data di uscita: 01/10/2020