La vorarefilia: è l’eccitazione sessuale derivante dall’atto o dal pensiero di mangiare, essere mangiati o anche solo osservare un altro individuo che si ciba di carne umana. Si lega spesso al desiderio di essere inghiottiti e digeriti ma, data l’impossibilità di realizzare simili fantasie, la parafilia si lega spesso a immagini, fumetti (manga soprattutto), racconti erotici e video. Esistono persino sezioni dedicate al “vore” sui più noti siti porno della rete. La vorarefilia è una cosa ben diversa dal cannibalismo, di sicuro molto più connessa alla sfera sessuale.
Vore Gore nasce da un’idea di Domiziano Cristopharo, che riunisce attorno a sé amici e collaboratori per imbastire questa antologia tematica: 9 episodi, 9 cortometraggi di durata variabile dove ogni autore indaga la vorarefilia in modo diverso, esplorandola, declinandola, dimostrando quanto un argomento del genere possa essere malleabile.
Siamo nell’ambito dell’horror indie, ben lontano dai circuiti mainstream, ma per il cinema estremo questo non è un limite, bensì un vantaggio che consente una libertà pressoché totale sui contenuti.
In più momenti, infatti, le immagini risultano davvero eccessive e insostenibili, mettendo alla prova anche lo spettatore più avvezzo. Inutile dire che, nonostante la natura low budget del prodotto, tutti i reparti tecnici (con un occhio di riguardo a quello degli effetti speciali, ovviamente) sono di altissimo livello, a dimostrazione che le maestranze fieramente italiane che vi hanno preso parte non hanno nulla da invidiare a quelle internazionali. Un po’ di orgoglio sul cinema di genere nostrano che non fa mai male.
- Mouth di Mikel Balerdi apre questa raccolta senza troppi convenevoli: un corto violentissimo a base di automutilazioni.
- Sweet As Honey di Emanuele Marchetto continua su questa linea, alzando ancora di più l’asticella, condensando in una manciata di minuti eros e thanatos, il tutto amplificato dal costante ronzio delle api che cresce sino a esplodere in un tripudio di archi.
- Finger Licking’good di Lorenzo Zanon è uno corto a base di autolesionismo estremo (la cui messa in scena è davvero cruda e violenta) e messaggi dal marcatissimo sottotesto erotico. Il suo unico limite è di ricordare, a tratti, un po’ troppo American Guinea Pig: Sacrifice ma, a parte questo, svolge a dovere il proprio lavoro.
- Please, not in my mouth! di Poison Rouge è vorarefilia al suono dei White Gardenia. Rappresenta l’estasi di rilassarsi facendo un bagno caldo, svuotare la mente e abbandonarsi del tutto ai propri istinti e fantasie più oscure, crogiolandosi in esse senza pudore.
- Italian ladies do it better di Irene Jones Baruffetti è forse il segmento meno estremo dal punto di vista visivo, ma non per questo meno forte: racconta la discesa dentro un’ossessione che diventa via via più stringente, come un cappio attorno alla gola, fino a esplodere nel finale.
- Infernal Gluttony 2 di Patrick Fortin è forse il corto più debole del lotto. La carenza di una trama vera e propria (ma anche solo di un’idea centrale) in favore di una messa in scena eccessiva e disgustosa fa perdere potenza al progetto proprio nella sua parte centrale. La dimostrazione che sono le idee il vero motore di ogni narrazione.
- Yummy Fur di Daniel Valient è dolore allo stato puro: una ragazza si fa riprendere in un videodiario, confessando la sua passione per il fetish e pratiche di sesso estreme.
- Stretching di Domiziano Cristopharo è forse il corto più concettuale, che si allontana dalla messa in scena truculenta per calarci in una dimensione più intima, proprio come dovrebbe essere una fantasia proibita. Un crescendo di sequenze oniriche che mutano in ossessione e trascinano il protagonista sempre più in profondità dentro le proprie recondite fantasie, mettendo a disagio lo spettatore senza versare nemmeno una goccia di sangue.
- Egg di Dario Almerighi chiude l’antologia portandoci in una dimensione da fiaba oscura, violentissima e viscerale, che ruota attorno all’integrità sacrale di un uovo bianco.
Come tutte le antologie di genere, i corti sono discontinui e variegati: proprio per questo, a fine visione, alcuni restano più impressi di altri. Rispetto alla media però Vore Gore è un prodotto di alto livello, sia per la tematica, sia per l’ottima qualità dei corti portati in scena.
Genere: horror, estremo
Titolo originale: Vore Gore
Paese, Anno: Italia/Regno Unito, 2021
Regia: AA.VV
Sceneggiatura: AA.VV
Interpreti: Irene Baruffetti, Lorenzo Fedele, Cher Nevin, Steve Swadda, Gabriele Zanoni
Produzione: Enchanted Architect
Durata: 90'