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E.T. L'Extraterrestre

06/09/2011 10:00

Marco D'Amato

Recensione Film,

E.T. L'Extraterrestre

Il più famoso film di fantascienza di tutti i tempi

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Non ha bisogno di alcuna presentazione. Chiunque possieda un televisore l’ha visto almeno una volta nella sua vita. E.T. L'Extraterrestre. è probabilmente il più famoso film di fantascienza di tutti i tempi e una delle pellicole più note in assoluto in tutto il mondo, con 11 anni di fila in testa alla classifica dei maggiori incassi della storia. Cinque anni dopo il grandissimo successo di Incontri ravvicinati del terzo tipo, Steven Spielberg decide di puntare ancora sugli extraterresti scrivendo il soggetto, dirigendo e producendo un film che, nei temi trattati e nello spirito che pervade la pellicola, è il diretto discendente del lavoro precedente.


Siamo all’inizio degli anni ’80, in California: un’astronave aliena in missione sulla Terra fugge in fretta e furia alla vista di un gruppo di agenti governativi, dimenticandosi però un membro dell’equipaggio. Quest'ultimo, vagando senza meta, arriva a casa del piccolo Elliott (Henry Thomas), che vive con la madre (Dee Wallace-Stone), il fratello maggiore Michael (Robert MacNaughton) e la sorella minore Gertie (Drew Barrymore). Una sera Elliott trova casualmente l’alieno nel giardino di casa e decide di nasconderlo per non farlo vedere ai familiari ma viene scoperto dai fratelli. Insieme cercheranno di aiutare l’extraterrestre a tornare nel suo pianeta, ostacolati dagli agenti del governo sguinzagliati sulle sue tracce.


Nove nominations e quattro premi Oscar per un film che ancora adesso, ad anni di distanza, emoziona come solo i capolavori sanno fare, grazie anche alla delicata sceneggiatura di Melissa Mathison. La dolcezza di E.T., il rapporto di simbiosi assoluta che si crea con Elliott sottolineato dalla drammatica scena della “morte” del piccolo alieno e il toccante addio tra i due protagonisti sono momenti che toccano le corde più profonde dello spettatore. La prosecuzione del disegno di Incontri ravvicinati è chiara: l’innocuità degli alieni, interessati al nostro pianeta solo a fini di studio (il film inizia con gli extraterresti che catalogano piante), il rapporto privilegiato che riescono a creare con loro i bambini per via della loro innocenza (Elliott è il degno successore del piccolo Barry), l’indiscutibile messaggio di amore e fratellanza alla base dell’opera. In perenne equilibrio tra melodramma e commedia (assolutamente irresistibili la scena del travestimento dell’alieno per Halloween e quella della connessione mentale tra E.T. ed Elliott provocata dalla visione di John Wayne in Un uomo tranquillo), il film è trascinato anche dalla figura goffa e simpatica creata da Carlo Rambaldi, entrata nella storia della cinematografia così come la celeberrima, dolcissima, frase «E.T. Telefono Casa». Chiunque abbia visto l’alieno simulare il sistema solare facendo levitare palline di pongo o volare a bordo di una bicicletta sul fondale di un plenilunio notturno, non l’ha più dimenticato.


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