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Ip Man

03/05/2012 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film, Film Arti Marziali, Ip Man,

Ip Man

Foshan, 1938...

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Foshan, 1938. Ip Man (Donnie Yen) è il più grande maestro di wing chun della città. Forte di una vita isolata e tranquilla, i suoi combattimenti si limitano a gare amichevoli e a qualche competizione con gli arroganti maestri del Nord. Sarà solo con l’invasione giapponese che Ip Man si renderà conto dell’importanza di partecipare alla vita della nazione, che rischia di perdere la propria indipendenza e le proprie radici. Il maestro di arti marziali cinesi dovrà confrontarsi non solo con la violenza dell’esercito del generale Miura (Hiroyuki Ikeuchi), ma anche con il kung fu, di cui l'ufficiale giapponese è un esperto combattente.


Tratto dalla storia vera del maestro Ip Man, mentore di Bruce Lee, e ambientata nella Cina ferita dall’invasione giapponese, Ip Man è una pellicola difficile da relegare sotto la categoria di arti marziali. Dietro agli spettacolari incontri e alle acrobazie c’è un sottotesto di rivalsa storica e di esaltazione del valore cinese, che a tratti assume toni decisamente epici. Primo tra i valorosi è il protagonista, il maestro Ip Man – che Donnie Yen, veterano del genere, interpreta splendidamente - personaggio inusuale per il cinema orientale. Almeno per la prima metà del film, la sua indole mite e il suo stile di vita appartato, arriva a stonare con quanto si è abituati a vedere in un film di arti marziali, con protagonisti dotati certo della celebre pacatezza orientale ma combattivi e orgogliosi.


Il metro di paragone più celebre è, ovviamente, Bruce Lee. Ma per avere questo tipo di personaggio, in Ip Man, occorre aspettare l’invasione giapponese; e anche allora, resta sempre presente nello sguardo del protagonista la paura di essere sottomessi, di vedere spazzate via tutte le tradizioni e le radici del proprio paese. Questo terrore si traduce per il maestro cinese nella difesa strenue del wing chun, l’arte marziale del suo Sud, che il crudele generale Miura studia attentamente, tentando di imporre il kung fu a stile di lotta nazionale anche in Cina. Lo spettatore segue gli appassionanti duelli del protagonista, coreografie simili a una danza, mai eccessive, mai fuori luogo, simbolo della rivalsa di un’intera tradizione di combattimento su una più famosa e storicamente prepotente. Così attraverso lo scontro fra due arti marziali, fra un uomo, Ip Man, e un intero esercito di combattenti, la pellicola di Wilson Yip restituisce alla Cina la dignità che il conflitto mondiale, con l’aggressione giapponese, le violenze e le prevaricazioni, le ha tolto.


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