Nella Contea è un giorno di festa: il simpatico Bilbo ha invitato gran parte del villaggio alla festa per il suo centoundicesimo compleanno. L'innaturale aspetto giovanile che caratterizza lo hobbit è dovuto alla forza di un misterioso anello. Su consiglio dello stregone Gandalf, Bilbo decide di lasciare la sua casa e partire alla volta della dimora degli elfi, lasciando a suo nipote Frodo l'anello in eredità . Diciassette anni dopo Gandalf torna alla Contea per avvisare Frodo che l'anello di Bilbo è in realtà lo strumento maligno usato da Sauron, oscuro signore di Mordor, per impadronirsi del mondo intero. Un'arma, quindi, che deve essere distrutta. In compagnia dell'amico Sam e degli altri due hobbit Merry e Pipino, il giovane hobbit si mette in viaggio, alla volta di Gran Burrone. Seguito dai Cavalieri Neri - agli ordini di Sauron - Frodo incontra, a Brea Strider, un ramingo amico di Gandalf che promette di aiutarli e proteggerli durante il loro viaggio. Per Frodo e per i suoi amici l'avventura è appena iniziata. Prima dell'avvento di Peter Jackson e della sua personale e colossale rivisitazione, la Terra di Mezzo nata dalla straordinaria visionarità dello scrittore J.R.R Tolkien, era un terreno calpestato solo dai fanatici della saga letteraria, una sorta di dimensione elitaria distaccata dal grande pubblico. Il regista israeliano Ralph Bakshi, da sempre interessato a tematiche forti come il razzismo e il nazismo, tenta l'impresa di portare un racconto tanto epico in un contesto culturale di ampio raggio commerciale. Realizza, così, nel 1978 il lungometraggio d'animazione Il Signore degli Anelli, una pellicola pensata in due episodi ma che, a causa del cattivo riscontro, dovette frenare gli intenti produttivi a questo unico capitolo. Bakshi racconta la storia di Frodo, partendo dalla festa di Bilbo fino alla battaglia al fosso di Helm, coprendo, in questo modo tutto il romanzo La Compagnia dell'Anello e metà de Le Due Torri. Non manca il prologo in cui viene spiegata la forgiatura di tutti gli anelli magici e di come l'unico anello sia poi giunto nelle mani di Bilbo. In questo antefatto Bakshi sfoggia il suo marchio di fabbrica: famoso per la miscela tra animazione e live action che caratterizza i suoi film - si pensi, ad esempio, a Fuga dal mondo dei sogni) - il regista non rinuncia ad un prologo interpretato da attori in carne ed ossa, che si muovono dietro paraventi o in totale controluce, apparendo solo come figure sullo sfondo, ombre di un passato remoto che si allungano anche sul presente. Per uno spettatore moderno non è affatto facile avvicinarsi ad un tale prodotto filmico dopo aver visto il proprio immaginario forgiarsi e modellarsi sulla trilogia jacksoniana. Il divario tra le due offerte è tale che l'impresa del regista israeliano rischia di essere annullata da uno stile vieto e desueto. A Bakshi va riconosciuto il merito di aver voluto ad ogni costo tentare di far arrivare le meraviglie del romanzo fantasy anche al grande pubblico, cercando di rivolgersi ad un target il più vasto possibile. Il fallimento, in termini di incassi e successo di critica, di tale tentativo è dovuto non tanto all'animazione - a cui collaborò, tra gli altri, un giovane Tim Burton - rozza, dai contorni netti e spigolosi, ma soprattutto ad una sceneggiatura che pur rimanendo abbastanza fedele al romanzo d'origine, ha la pecca di usare un tono eccessivamente aulico per un film animato, con lacune difficili da colmare per chi non conoscesse già la storia. Tutto questo, unito ad un doppiaggio tutt'altro che impeccabile, minano la ricezione spettatoriale, estraniata da un racconto freddo, dal quale non riesce ad emergere la passione del regista che l'ha diretto.