«Mai nessuna storia fu più triste di quella di Giulietta e del suo Romeo»: gli sfortunati amanti di William Shakespeare, il cui amore sfidò l'odio tra famiglie pari per nobiltà e successo, sono diventati, nei secoli, l'emblema dell'amore puro, quello per cui vale sempre la pena di lottare. Un soggetto, questo, che ha incontrato, nella lunga esistenza dell'arte cinematografica, innumerevoli trasposizioni; dalle più classiche, come quella firmata Zeffirelli, alla più sfrontata e moderna versione di Baz Luhrmann. Letta e riletta, la tragedia di Romeo e Giulietta è diventata quasi un cliché, un ridondante "sentito dire" che tutti, ormai, hanno nel proprio bagaglio culturale. Il regista Carlo Carlei porta al cinema la propria visione dell'opera shakesperiana, con una pellicola fortemente tradizionale, che ripercorre senza alcun guizzo innovativo la storia d'amore più famosa al mondo.
Ad interpretare i due sfortunati innamorati che decidono di togliersi la vita, perchè incapaci di esistere l'uno senza l'altro sono Douglas Booth e Hailee Steinfeld (Il Grinta), accerchiati da un cast di prima classe, che include Ed Westwick (il Chuck Bass di Gossip Girl qui impegnato nel ruolo di Tebaldo), Paul Giamatti (Frate Lorenzo), Stellan Skarsgard (Il Principe) e Damien Lewis (lasciati i panni di attentatore in Homeland per vestire quelli di Lord Capuleti). Con questo cast e con al proprio servizio la penna di Julian Fellowes (sceneggiatore di Downton Abbey) sembrava che una rilettura in chiave classica della tragedia di Romeo e Giulietta fosse non solo possibile, ma anche probabile.
Nelle intenzioni di Carlei Romeo & Juliet vorrebbe riavvicinare gli adolescenti al mondo classico della tragedia del teatro elisabettiano. La scelta di un cast molto giovane - vicino cioè per età sia al target di riferimento, che a quella dei protagonisti immaginati da Shakespeare -, proveniente per lo più da serie televisive di successo, sembrava andare proprio in questa direzione. Presi individualmente gli interpreti chiamati in scena sono quasi tutti artisti che hanno dato dimostrazione del proprio talento; in questo film, però, esclusi i veterani - tra cui spicca un Giamatti sempre all'altezza - si rivelano quasi tutti istrioni insipidi, che svolgono il loro mestiere alcuni con altezzosità , non riuscendo a restituire l’alito epico dei personaggi tratteggiati su carta. Tebaldo è costretto nel ruolo di attaccabrighe, Benvolio è solo uno sciocco che non sa muoversi nel mondo, e persino Lord Capuleti risulta talvolta sopra le righe. L’unico a salvarsi da questo sfacelo è il Mercuzio di Christian Cook che riesce, seppure in dosi minime, a costruire un personaggio con un minimo di spessore. Una regia televisiva che ricorre ai primissimi piani come mezzi di risoluzione in lunghe inquadrature giocate soprattutto sul campo/controcampo, finisce per esaltare l'intensa colonna sonora di Abel Korzeniowski, anch'essa utilizzata in maniera ossessiva, con un pregevole leitmotiv che tuttavia rischia di perdersi in un ritornello onnipresente. Ma è soprattutto nei costumi di Carlo Poggioli e in alcune meravigliose location - nei luoghi storici di Verona e Mantova, colte nel loro intrinseco splendore - che Romeo & Juliet acquista un suo, ancora una volta rinnovato, fascino.