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Bowling a Columbine

19/04/2014 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Bowling a Columbine

Prendendo spunto dal massacro della Columbine High School, scuola superiore del Colorado, dove nel 1999 due adolescenti armati di fucili fecero irruzione e ucci

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Prendendo spunto dal massacro della Columbine High School, scuola superiore del Colorado, dove nel 1999 due adolescenti armati di fucili fecero irruzione e uccisero 12 studenti e un insegnante per poi togliersi la vita, Michael Moore affronta uno dei temi cardini di ogni elezione politica e dibattito sociologico e antropologico legato alla nazione americana: le armi, il loro utilizzo, il loro mercato e la radicata concezione nella società.


Premio Oscar nel 2003 per il Miglior Documentario, prima dell’uscita nelle sale di Bowling a Columbine, Michael Moore era per il pubblico di tutto il mondo poco più che una macchietta satirica nota soprattutto negli Stati Uniti per il buon documentario d’esordio Roger & Me, finestra aperta sulla General Motors, e per uno show televisivo, TV Nation, in cui il giornalista/presentatore proponeva agli spettatori l’attualità americana in chiave ironica e amara. Bowling a Columbine rappresenta il primo film di ambizione di Moore, non l’opera prima ma la pellicola che di fatto costituisce nella sua filmografia una sorta di “manuale di procedura” per i documentari che verranno. Qui il regista americano manifesta chiaramente il proprio linguaggio, notevolmente innovativo per il genere a cui appartiene, fatto non solo di materiale giornalistico ma anche di testimonianze private talvolta sentimentali e personali - girato con mezzi qualche volta professionistici, altre volte con camere nascoste o semi-amatoriali - inserti comici, sketch cinematografici e cartoni animati, in un montaggio concettualizzato (e ideologizzato) che è forse il vero punto di svolta rispetto alla documentaristica precedente. Ripartito in tre sezioni, la cronaca e le riflessioni sul massacro della Columbine impegnano il regista solo per la prima sezione del film e costituiscono un pretesto per giungere ad una disamina più approfondita del tema delle armi. Nella seconda parte infatti Moore si dedica ad un’inchiesta più estesa su come accade che un adolescente (o uno squilibrato, o in certi casi persino un bambino) si procuri con facilità un fucile d’assalto: è qui che viene sviscerato il nodo cruciale, ossia la messa in discussione del diritto di possedere un’arma, uno dei punti maggiormente indagati dalla legislazione e dall’attualità statunitense. Nel suo girovagare in cerca di casi da esaminare, dalla raffinata America della costa East ai luoghi più poveri e interni in cui dominano “la Bibbia e il fucile” sino al civilizzato Canada, Moore giunge anche alle porte della villa di Charlton Heston, dove l’attore presiede la celebre National Rifle Association, che tutela e sostiene il diritto all’arma. Il finale del film, con l’intervista a Heston, anziano e megalomane nella sua grande casa-cimelio, è una chicca.


In Bowling a Columbine per la prima volta si mostra l’approccio diretto e d’assalto di Moore, un modo nuovo di affrontare i temi scelti, sempre scottanti e attuali, senza timore di lanciarsi nel cuore del dibattito per sostenere una tesi che si manifesta sin da inizio film: gli eccessi e i drammi legati alle armi in USA avvengono non per la pericolosità dell'oggetto in sé ma a causa dell’isterismo e del terrore puro che l’americano medio ha nei confronti del criminale. Questa vera e propria fobia – una paura ancestrale legata allo status originale degli USA come terre nate da furti e appropriazioni ripetute di confini – genera la necessità di difendere il proprio territorio. Le argomentazioni di Michael Moore, estreme e partigiane, sono ciò che rende il suo film più celebre un’opera a tratti provocatoria ma anche avvincente, come pochi documentari sanno essere. Oltre all’Academy Award nella categoria Documentari, il vero successo viene raggiunto oltreoceano, in Europa, dove, lontano da una sensibilità ferita da cronache di ripetuti massacri da arma da fuoco, il documentario di Moore ha affascinato Cannes e ottenuto il Cèsar come Miglior Film Straniero.


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