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Pelo malo

11/05/2015 11:00

Marta Bosso

Recensione Film,

Pelo malo

Pelo Malo, vincitore del Festival di San Sebastian nel 2013 e successivamente in gara al Festival di Torino, racconta la storia di un bambino e del suo rapporto

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Pelo Malo, vincitore del Festival di San Sebastian nel 2013 e successivamente in gara al Festival di Torino, racconta la storia di un bambino e del suo rapporto con la madre. Ambientato in un quartiere popolare di Caracas, fatto di enormi palazzi, alveari umani che occupano tutto lo spazio visivo dell’inquadratura, senza lasciar spazio all'orizzonte oltre l’ingombrante massa di quell’utopia urbanistica, Pelo Malo porta sullo schermo un nucleo familiare spezzato dall'assenza di un padre: da un lato Marta (Samantha Castillo), madre sola e depressa, che usa il suo corpo per cercare una via d’uscita; dall'altra suo figlio Junior (Samuel Lange), primogenito incompreso, dalle tendenze omosessuali che la nonna prova ad accentuare mentre la madre respinge. È lo stesso ambiente sociale di degrado e povertà che genera intolleranza e violenza: una minaccia costante percepita fuori campo visivo, attraverso il rumore degli spari o dentro i discorsi quotidiani dei bambini. "Qui stuprano". E il rifiuto materno diventa una sorta di protezione verso una vita - quella omosessuale - che non lascia grandi speranze di sopravvivere in quel contesto sociale e culturale.


Nell'estetica quasi documentaristica che fotografa il film, l'anima di Pelo Malo risiede nella battaglia che Junior intraprende per ritagliarsi un posto nel cuore della madre, che di rimando rivolge tutto il suo amore al fratello più piccolo. Come uno spettatore, si ritrova a osservare da lontano momenti d'affetto rubati e imposti allo sguardo di chi non può esserne protagonista, colpevole di un'identità che ancora si sta formando - forse controcorrente - esuberante ed estremamente fragile. È impressionante la forza di Samuel Lange, giovane attore che riesce a calibrare sentimenti di rabbia e desiderio, ricerca di sé e bisogno di esprimersi. Notevole è il montaggio spietato, quasi come la madre. Interessante è il ritratto del luogo, affascinante lo studio dei rapporti umani, reale il bisogno d’amore di un ragazzino, insano - ma comprensibile - il desiderio della nonna di proteggere Junior e salvarlo proprio in quanto "uomo mancato". Il film mette in mostra un neorealismo drammatico, in un Paese in cui la devozione per il leader, il potere, la religione e la superstizione non fa che alimentare il culto dell’uomo forte. È reale la scena in cui alcuni cittadini si rasano a zero in solidarietà all'ex presidente Chávez, malato. È interessante scoprire quale volontà prevarrà in Junior: l'affermazione della propria identità o il pressante bisogno di amore materno.


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