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Veloce come il vento

06/04/2016 11:00

Riccardo Cotumaccio

Recensione Film,

Veloce come il vento

Il Rush italiano

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Giulia De Martino (Matilda De Angelis) è una giovane pilota di gare automobilistiche. Figlia d’arte, perde il padre per un attacco cardiaco a bordo pista, mentre la coordinava in una delle sfide più avvincenti nel corso del campionato. Abbandonata dalla madre e con un fratello minore a carico, la giovane diciassettenne deve sopperire ai debiti vincendo il campionato. L’improvviso lutto riporta a casa Loris (Stefano Accorsi), fratello maggiore di Giulia, ex campione di rally caduto in disgrazia. Tossicodipendente, violento ma profondamente fragile e buono, il "ballerino" - così era chiamato in pista - si offre di insegnare alla sorella minore i trucchi del mestiere, inizialmente per soldi, poi per una scelta di cuore.


Veloce come il vento è il quarto film a firma di Matteo Rovere, qui in veste di regista e sceneggiatore, già produttore di Smetto quando voglio e della web serie The Pills. Il pregio di Veloce come il vento, opera ispirata alla storia vera di Carlo Capone, è già nella premessa. Da molti definito il Rush italiano, l’opera di Rovere si distanzia più che ampiamente da quella tecnicamente completa di Ron Howard, trovando però una chiave psicologica e sentimentale ben più accurata e profonda. Non solo: i personaggi di Giulia e Loris restano impressi per la scrupolosa, nonché forte caratterizzazione umana. Lei, giovane ma dalle spalle forti; lui, in ginocchio davanti le difficoltà della vita. La morte del padre li riavvicina prima nel conflitto, poi in una faticosa armonia culminata nel finale. La vittoria, nel messaggio che il film si propone di lanciare, non sta nella materialità di una coppa ma nel coronamento di un rapporto ritrovato con successo. Su questo lavora Rovere: l’automobile è un nobile e originale pretesto per raccontare una storia di per sé banale, quella di un riavvicinamento tra fratelli.


Il segreto di Veloce come il vento sta nell’ottima costruzione delle scene di corsa, nel montaggio sapiente, nelle riuscite interpretazioni (quella di Accorsi è una sorpresa nel cinema italiano degli ultimi anni) e nelle musiche, scelte fra classica ed elettronica. La sceneggiatura offre alti e bassi che concedono un ritmo mai stancante al film, sorprendendo continuamente lo spettatore tra tragedia, emozione e non poca ironia. In compagnia di Perfetti sconosciuti e Lo chiamavano Jeeg Robot, Veloce come il vento va a inserirsi di diritto in un nuovo filone di qualità che fa ben sperare per il cinema tricolore.


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