Stand by Me - Ricordo di un'estate è un film che va visto e rivisto: anzi, se ancora non lo avete fatto smettete di leggere e andate immediatamente a colmare questa lacuna. Anche se è molto difficile trovare qualcuno, specialmente della generazione dei nati tra i ’70 e gli ’80, che non lo conosca. Perché per quei (ormai ex) ragazzi, Stand by Me - Ricordo di un'estate è più di un semplice film generazionale: è un manifesto. Uno spartiacque che idealmente segna la fine di un determinato filone fanciullesco (quello che ci ha accompagnati all’inseguimento de I Goonies, dei ragazzini di Explorers, di Elliot in E.T - Extraterrestre e tutte quelle pellicole “alla Amblin” che hanno punteggiato la nostra infanzia riempiendoci gli occhi di meraviglia e il cuore di emozioni) per farci addentrare nella complessità dell’adolescenza, dove al tema cardine dell’amicizia si affiancano in maniera più incisiva altri discorsi “più adulti” come i primi amori, la voglia di trasgredire, i litigi con i genitori, le sigarette fumate di nascosto.Stand by Me - Ricordo di un'estate è il primo passo verso tutto questo. Il film è tratto dal racconto Il Corpo contenuto nella raccolta Stagioni diverse di Stephen King, alla faccia di chi crede (errando in maniera madornale) che King = horror. Nella stessa antologia sono presenti i racconti che hanno ispirato Le ali della libertà di Frank Darabont e L’allievo di Brian Singer, giusto per dare l’idea della caratura dell’opera. Perché King è innanzitutto un narratore; uno dei più importanti in epoca contemporanea, che è riuscito a catturare in più di un’occasione l’essenza del delicato passaggio tra fanciullezza ed età adulta. Un’essenza che Rob Reiner è riuscito a mantenere intatta, se non addirittura ad accrescere, in questa sua trasposizione cinematografica. 1959, Castle Rock. Un’estate dai molteplici significati per quattro amici dodicenni che, con l’avvicinarsi del finire delle vacanze, dovranno intraprendere strade differenti, probabilmente perdendosi di vista. Si tratta della loro ultima occasione per vivere un’avventura tutti insieme, per farsi promesse che sanno che tanto non riusciranno a mantenere e per ricordarsi per sempre l’uno degli altri. Stand by Me - Ricordo di un'estate è tutto questo e molto altro ancora. Un film che ti mette a sedere e ti fa la ramanzina dicendoti: «Ok, da qui in po’ le cose si faranno serie. Le storie di alieni sono buone per i bambini, la banda Fratelli fa tanto ridere, ma qui siamo su un altro campo da gioco. Qui ci sono bulli che vogliono farti male seriamente, non solo rubarti la merenda o gli spicci per il pranzo. Ci sono pistole che sparano per davvero e sanguisughe attaccate alle tue parti intime. C’è il cadavere di un tuo coetaneo, abbandonato tra le sterpaglie nel fitto del bosco! E c’è un senso di desolazione, un’angoscia crepuscolare che forse non capirai oggi ma fidati, prima o poi ci sbatterai il grugno e allora la capirai eccome!» Perché se da ragazzo resti affascinato dell’avventura di Gordie e dei suoi amici, bramoso di viverne una uguale, una volta cresciuto non fatichi a identificarti con la sua versione adulta interpretata magnificamente da Richard Dreyfuss. Una cornice alla storia che forse, da ragazzo, trovavi superflua e addirittura un poco fuori luogo, ma che con il passare degli anni è diventata la perfetta contestualizzazione del ricordo di un’estate ormai lontana, ma non sbiadita nella tua memoria, anzi. «Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni» recita l’attore in voice-over alla fine del film, prima che le note dell’omonimo classico di B.B. King riempiano l’atmosfera preannunciando i titoli di coda. «Gesù, ma chi li ha?». Poche parole che sono come un pugno sferrato alla bocca dello stomaco. Perché una frase del genere - oggi più che mai - riesce per svariate ragioni a creare dentro un vuoto interiore che solo pochi altri film, perlopiù quelli dell'infanzia, riescono a evocare.