Dopo il grande classico Orgoglio e pregiudizio (Pride and prejudice), Joe Wright dirige per la seconda volta Keira Knightley in Espiazione, tratto dall’omonimo best seller di Ian McEwan. Il film (che ha aperto la 64ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia) ha ricevuto ben sette nomination agli Oscar 2008, vincendo la statuetta per la Migliore Colonna Sonora realizzata dal compositore italiano Dario Marianelli. Nel cast anche una tredicenne Saoirse Ronan, nel ruolo di Briony Tallis, che ha raggiunto la notorietà interpretando la Susie Salmon in Amabili resti (The Lovely Bones) di Peter Jackson. Nella calda estate del 1935 la giovane Briony, ragazzina dedita alla scrittura con la quale rifugge la noia della vita borghese, fraintende la relazione fra sua sorella Cecilia e il figlio della governante Robbie Turner (James McAvoy) del quale è segretamente innamorata. Convinta che il ragazzo abbia esercitato violenza sulla sorella e gelosa della loro relazione, Briony lo accuserà ingiustamente, segnando per sempre il destino futuro della coppia. Nel frattempo la guerra mondiale coinvolge e sconvolge i protagonisti della storia, e mentre Robbie si arruola per evitare il carcere, sia Cecilia che Briony intraprendono, in momenti diversi, la carriera di infermiera presso l’ospedale St. Thomas, venendo brutalmente a contatto con gli orrori bellici. Il rumore dei tasti della macchina da scrivere di Briony ci accompagnano fin dall’inizio del film, forti, secchi e amplificati, come se le lettere battute fossero impresse nel cemento piuttosto che sulla carta. Pesanti come le conseguenze del gesto della loro autrice e della sua fervida fantasia, nella quale è talmente avviluppata da finire per travisare completamente la realtà . Così, un battibecco fra futuri amanti e un momento di passione si trasformano in pericolosi complotti e in violenza sessuale. Il gesto di una Briony bambina segna il destino di un uomo e una donna e trasforma la sua vita in un continuo percorso di espiazione. Le azioni ripetute, mostrateci da punti di vista differenti, comunicano ancora di più il senso di fatalità che è alla base della pellicola. Joe Wright realizza una regia dai risvolti interessanti, in parte frammentaria, concentrandosi sui particolari, ma che sembra aver paura di osare e lasciarsi andare. L’erotismo e la tensione che si ritrovano nelle immagini iniziali finiscono un po’ per perdersi nella seconda parte del film più convenzionale, ma non priva di coinvolgimento e ribaltamenti di situazione. I colori e la fotografia interpretano le fasi della vita: dall’adolescenza agiata sui toni pastello fatta di giochi, messe in scena e passeggiate fra le solari colline verdeggianti, al buio del peccato, fino alle tinte fredde e plumbee della maturità e della guerra. A fare da corollario una colonna sonora incisiva ed emotiva, in cui il susseguirsi veloce delle note del pianoforte scandiscono il tempo della narrazione, riprendendo la sensazione ansiogena del rumore della macchina da scrivere. Nel suo lungo cammino di penitenza Briony cerca di porre rimedio agli errori del passato, con un profondo, umano ma egoistico atteggiamento di deviazione, virando i suoi sforzi su qualcosa d’altro piuttosto che affrontare il problema principale, con il quale si troverà , inevitabilmente, a fare i conti. La morale comune insegna che la cosa giusta da fare è dire tutta la verità ed espiare le proprie colpe attraverso la sofferenza. La vita ci insegna che qualche volta questa sincerità è meglio metterla da parte è trovare un’alternativa, se non per gli altri, almeno per se stessi.