Un canto ribelle e immortale. Puro e scevro dal buonismo figlio dell'ipocrisia e degli ideali mercificati di propaganda. Era il 1969: Dennis Hopper e Peter Fonda diedero vita, anima e corpo, a una delle opere più profonde e genuine sulla libertà, sulla sua essenza più autentica. Easy Rider - Libertà e paura non è solo un inno disincantato e rabbioso di un'era, ma un caposaldo assoluto per una generazione, o per chi, figlio o soltanto nipote di essa, vi senta ancora di appartenergli. Una ribellione pacifica, nella società americana del tempo (i cui sintomi sono radicati tutt'oggi, non solo negli States) incentrata su dogmi e regole morali che tendevano a evitare, o meglio ostracizzare con ogni mezzo possibile, qualsiasi alito di "stravaganza" per via di un'ottusa paura del diverso, che essa possa essere identificata nel razzismo o in un diktat religioso impresso negli ambienti clericali. Considerato da molti datato, citato più volte come la pellicola simbolo della hippy generation, Easy Rider - Libertà e paura non è mai stato troppo amato dalla critica, che spesso si è più volte limitata ad analizzare il contenuto nei minimi dettagli, senza comprendere veramente il messaggio e la qualità di una storia attuale e fruibile da chiunque si senta libero di pensiero e di vivere la vita come meglio crede. Billy (Dennis Hopper) e Wyatt (Peter Fonda) decidono di attraversare l'America coast to coast a bordo delle loro Harley Davidson. Un viaggio on the road, in una continua ricerca di quella libertà tanto enunciata da molti, ma da pochi realmente vissuta. Da Los Angeles al Missisippi, un'epopea che li porterà a conoscere luoghi e persone, ma che vedrà il loro cammino irto di pericoli, dovuti alla società del tempo, intenta a conservare la priorità di certe idee “universali”, e pronta a tutto pur di mettere i bastoni tra le ruote a due “diversi”, due cani sciolti in un branco di lupi travestiti da agnelli. Passando per i luoghi di perdizione di New Orleans, ai piccoli sobborghi dove viene rifiutato loro anche il pernottamento in hotel a causa del look, la coppia di bikers incontra, durante un breve soggiorno in galera, George (Jack Nicholson), un avvocato arrestato per ubriachezza. Il nuovo venuto decide di unirsi ai due viaggiatori, che continuano la loro epopea su due ruote. Ma le difficoltà che incontreranno sulla loro strada non sono certo destinate a finire. Di fronte all'esiguo budget di 350 mila dollari, Easy Rider - Libertà e paura ha ottenuto un guadagno di circa 60 milioni, confermando quanto il pubblico avesse bisogno di un film come questo. Nato da un idea di Dennis Hopper e Peter Fonda, che ne scrissero, assieme a Terry Southern, la sceneggiatura, e diretto dallo stesso Hopper, Easy Rider - Libertà e paura è entrato a pieno diritto nella gloria cinematografica, riuscendo a scavalcare le barriere del tempo, e generando una sorta di mania collettiva, già ai tempi in procinto di esplodere, sui cosiddetti viaggi on the road, divenendo un vero e proprio credo per i bikers di qualsiasi età o connotazione geografica. Diretto e critico, ma abilmente astuto nel suo finto immobilismo, atto d'accusa contro l'universo dei benpensanti, la pellicola di Dennis Hopper è un emblema di tutte libertà, incluse quelle di scegliere il proprio destino, senza esprimere giudizi di sorta sulle gesta altrui finché esse non intaccano il quieto vivere. Infarcito di frasi ad effetto, ma quanto mai condivisibili, sul puro valore dell'indipendenza di pensiero, Easy Rider - Libertà e paura è un vibrante urlo di pacifismo e di protesta contro l'assoggettarsi a voleri comuni e incanalati in cieche dighe mentali, un'idilliaca utopia di concetti genuini ma dalla difficile realizzazione. Più memorabile per il suo spirito, che per la mera realizzazione tecnica, senza dubbio meritevole ma non indimenticabile, è come guardare in uno specchio che mostra le brutture e le violenze, psicologiche e materiali, dell'umanità alle prese con le proprie paure e insicurezze, mascherate da presunta "saggezza morale". I sogni possono essere spezzati o infranti, ma non sono mai destinati a morire finché qualcuno avrà ancora la voglia di afferrarne un pugno. Rincorrerli sempre, contro il vento sferzante della vita.