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Manhattan. Un uomo, in un bar, sta seduto al tavolo con il suo drink. Prende appunti su un tovagliolo. Poi alza lo sguardo e chiede di accendere. Allacciatevi la giacca, lisciatevi la gonna, riavviatevi i capelli: può darsi che Don Draper stia parlando proprio con voi. Benvenuti a Madison Avenue. Benvenuti in una delle più brillanti, illuminanti, sfuggenti, complesse serie tv degli anni Duemila. Senza dubbio una delle migliori prodotte dalla AMC, in concorrenza solo con l'esplosiva Breaking Bad della stessa rete. Sette stagioni, un successo mondiale, il favore della critica, anni consecutivi di Golden Globe ed Emmy. Spettatori acciuffati già dalla prima puntata (andata in onda nel 2007, in Italia nel 2008) e spettatori conquistati strada facendo, con un picco di ascolti di 3,5 milioni nella quinta stagione.
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L'anno è il 1960 e Donald Draper - moglie, figli, amante, svariate sigarette e l'immancabile bicchiere di Rye fra le mani - è il direttore creativo della Sterling&Cooper, agenzia pubblicitaria di Mad Av, New York. I clienti dell'agenzia sono piccoli e grandi, ma una particolare gatta da pelare è rappresentata dalla Lucky Strike, che ha bisogno di una campagna che faccia pensare a tutto ma non ai rischi del fumo. Una cosa da niente, direte voi. Ma è solo il pilot, il meglio deve ancora arrivare.
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Scrittura impeccabile e direzione eclettica per uno show che, lungo i suoi nove anni, dal 2007 al 2015, ha ispirato film e prodotti per il grande schermo. La serie di Matthew Weiner – ideatore, sceneggiatore, talvolta regista – si alimenta di riferimenti e citazioni; succhia linfa all'arte, alla letteratura, al fumetto, alla musica. Ogni avvenimento storico compreso fra 1960 e 1970 è passato sotto la penna di Weiner e compagni: il romanzo dei Kennedy, le lotte black, l'assassinio di Martin Luther King, il Vietnam, l'allunaggio, il movimento hippy. Un tempo americano confuso e vivace, in cui ogni uomo o donna decide se essere o non essere. La pubblicità , ancella del consumismo, fa di ogni puntata un gioco metalinguistico in cui sono in scena gli Stati Uniti degli anni Sessanta.
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Don Draper cammina in orizzontale e in verticale lungo una trama che introduce i suoi demoni, per poi lasciarli a fluttuare per sette stagioni. Mad Men parte un po’ sottotono, va ammesso. Ma da subito lo sguardo va allenato a cogliere riferimenti visivi e giochi di parole, non-sense apparenti, devie lisergiche; a distinguere fra ombre e presenze. Ma è proprio questo dominante spaesamento a raccontare la realtà . Lo sentite quel campanello rumoroso suonarvi alle orecchie ogni volta che un nuovo personaggio entra in scena? Sta dicendo di tenergli gli occhi puntati addosso: anche il più inaspettato comprimario riserverà sorprese. Scongiurate il rischio di sottovalutare le donne come Peggy, Joan, Betty; fatevi trascinare dalle ossessioni di Pete, dall'umore di Roger. Un consiglio. La trama e i sottotesti di Mad Men si basano tutti sul linguaggio, sulle parole, sulla comunicazione: la visione in lingua originale è quasi un obbligo.
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It's toasted
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Smoke Gets in Your Eyes è un pilot da collezione. Donald Draper, il mistificatore. Un rampante pubblicitario con uno slogan a cui pensare e una cliente da accontentare. Un capo leale, che difende una segretaria a cui viene mancato di rispetto, salvo poi minacciarla di licenziamento per un solo errore. Un uomo che si divide tra un’amante vivace, che domina l'inizio della puntata, e una moglie bellissima, che appare solo alla fine. Un padre che, dopo tanto lavoro a Manhattan, torna a casa ad accarezzare i figli. Don Draper e le sue due vite, fin qui ancora contemporanee ma già nettamente slegate.
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Presenza fintamente sottotono, che esplode sin dalle prime inquadrature, è Peggy Olson: la nuova segretaria. La sua aria dimessa (il cappellino giallo, le rimproverate gonne al ginocchio, un’imbarazzante visita ginecologica e un approccio goffo con il capo) viene smentita già alla alla fine della première. Ma è solo la prima delle molte sorprese di Peggy: la sua rivelazione attraversa tutta la prima stagione, nello svelamento di una personalità che la rende irresistibile soprattutto a uomini confusi e un po’ vigliacchi. Il primo fra tutti sarà Pete Campbell, novello sposo e account dalle grande ambizioni. «In a couple of years, with the right moves, you'll be in the city with the rest of us. Of course, if you really make the right moves you'll be out in the country and you won't be going to work at all»: le parole veggenti di Joan anticipano quello che sarà il destino di Peggy e il suo eterno conflitto: una carriera da uomo o le aspettative di una donna?
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The Japanese have a saying: a man is whatever room he is in
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Don Draper e Dick Whitman. In tre puntate ciò che diventerà il nocciolo della vicenda è sparato in poche immagini, qualche dialogo straniante e un paio di spietati flashback. L’immagine - misteriosa ma già di grande fascino - del pubblicitario di Manhattan, si riflette in uno specchio e si distorce senza pietà a metà stagione, nella 1x05, 5G. La sua storia incrocia quella di Adam Whitman, fratellastro sfortunato, in un brusco incontro e in una triste separazione. Da qui in poi, a scrutarlo nella vita quotidiana e nelle sue crisi di uomo, ci saranno sempre gli occhi straniti di un piccolo Dick Whitman.
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L'inizio di 1x06, Babylon, lezione magistrale di scrittura e regia in tema di flashback, è solo uno dei meravigliosi momenti di comunicazione fra Don e Dick. L’abile metafora dello sparo, che tornerà spesso per raccontare la storia del protagonista, viene evocata sin dalla 1x05 ma esplode nello scontro diretto con Pete nella 1x12, Nixon Vs. Kennedy: «Is this some sort of thing like in the movies where I have a gun and you don't think I'm going to shoot you? I will shoot you!». Il titolo della puntata si riferisce non solo al testa a testa presidenziale del novembre 1960 ma anche allo scontro fra Don e Pete: Don è Nixon, a cui viene paragonato più volte nel corso della serie; Pete è Kennedy, giovane rampollo con il coltello dalla parte del manico. Il prodigioso «Who cares?» di Bert Cooper mette (per ora) un punto a questa guerra in cui si scontrano, universalmente, i giovani contro i più anziani.
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A basket of kisses
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Il cestino di baci della 1x06 traghetta Peggy da una scrivania tutta femminile, in mezzo alle segretarie di cui mai farà parte, a grandi tavoli di soli uomini. Durante un brain-storming in cui le ragazze sono chiamate a dare un’opinione sul rossetto - mentre gli uomini dell’agenzia le spiano da dietro un vetro, esibendosi in commenti sessisti di ogni creatività - la macchina da presa di Andrew Bernstein fa un giro completo intorno a Peggy, isolandola dal mucchio. Lo sguardo di Joan Halloway - personaggio femminile che, di contro al suo aspetto esuberante, ci metterà un po' a uscire dalla gabbietta in cui gli uomini vorrebbero rinchiuderla come un canarino - si farà da qui in poi su di lei sempre meno materno.
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La campagna Belle Jolie sarà il biglietto di sola andata per Peggy a Mad Av e la sua presentazione al pubblico: una pubblicità femminile e femminista, che ribalta la prospettiva del rossetto dal punto di vista delle donne (Mark your man sarà lo slogan ideato da Peggy). Lei è la donna nuova, anche se ancora non lo sa. «You can act like you're from Manhattan, but you don't look like those girls» le dice un appuntamento sbagliato nella 1x11, Indian Summer: quel those girls è un concetto che tornerà spesso nella storyline di Peggy. Il suo percorso nella prima stagione passa per un aspetto - anche esteriore - camaleontico: impacciata ma carina nelle prime puntate; sedotta, rifiutata, sempre più sciatta e bruttina. Un cammino verso l’affermazione personale che si lascia dietro un sacrificio enorme, guarda caso proprio in corrispondenza della promozione a copyrighter. Qualcosa di sé che Peggy dovrà dare via per ricevere tutto il resto.
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