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American Crime Story: il caso O.J. Simpson (2016), la recensione della stagione 1 della serie di Ryan Murphy

01/02/2018 12:00

Aurora Tamigio

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American Crime Story: il caso O.J. Simpson (2016), la recensione della stagione 1 della serie di Ryan Murphy

American Crime Story, stagione 1: The People vs O. J. Simpson, il processo del secolo

American Crime Story è la serie antologica di Ryan Murphy dedicata a episodi giudiziari famosissimi (non solo) negli USA: si parte col botto, The People vs O. J. Simpson, il processo del secolo

In principio fu Ryan Murphy, una delle personalità più decisive per la serialità televisiva negli anni Duemila. Basterebbe citare Glee e American Horror Story per rendere conto della versatilità delle sue doti di producer. Nel 2016, quando il suo nome è già sinonimo di successo, Murphy si lancia in una nuova avventura. American Crime Story è un format nuovo, una serie antologica composta da stagioni indipendenti, ognuna delle quali è dedicata a episodi giudiziari che hanno avuto negli USA una risonanza mediatica tale da diventare "casi". Si parte col botto, con una season 1 dedicata al caso O. J. Simpson: il processo del secolo.

 

Ma già sappiamo che sono in produzione una seconda e la terza: la stagione 2 avrà per oggetto l'omicidio di Gianni Versace.

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Almeno per la prima stagione Ryan Murphy resta defilato nel suo ruolo di producer, lasciando regia e sceneggiatura a Scott Alexander e Larry Karaszewski, un duo parecchio accreditato a Hollywood (giusto per citare qualcosa dal loro curriculum, sono gli sceneggiatori di Ed Wood di Tim Burton, di Larry Flynt - Oltre lo scandalo e Man on the Moon di Milos Forman). Che la serie costituisca una novità, sia rispetto ai precedenti di Murphy e degli autori coinvolti, sia nel panorama della serialità, è evidente dagli intenti. Raccontare i casi più mediatici, ritrarre le celebrità coinvolte e dare un volto a personaggi che dall’ombra sono balzati alle prime pagine dei giornali: procuratori, avvocati, forze dell’ordine e – perché no –  anche assassini. Siamo nell’ambito del legal, ma con qualcosa in più; stavolta in scena approdano cronache vere di fatti relativamente vicini nel tempo, che il pubblico (soprattutto quello americano) ricorda bene. Gli spettatori non solo rivedono sullo schermo una storia reale, ma assistono a una ricostruzione delle dinamiche di notorietà, mediaticità e meta-televisione che conoscono bene. Per lanciarsi in un progetto del genere ci vogliono idee chiare: il metodo di due ottimi addetti ai lavori come Scott Alexander e Larry Karaszewski e la lungimiranza di Ryan Murphy.

 

Contestualmente alle prime indiscrezioni sulla stagione 1, inoltre, viene svelato un ulteriore elemento: gli attori che interpretano i protagonisti della vicenda O. J. non sono solo famosi, ma vere e proprie star. Come il Premio Oscar Cuba Gooding Jr. nei panni del protagonista; John Travolta in quelli del famosissimo avvocato della star Robert Shapiro. David Schwimmer, il mai dimenticato Ross di Friends, è Robert Kardashian mentre la brava Sarah Paulson interpreta la procuratrice Marcia Clark. Nonostante in American Crime Story concorrano diversi livelli di difficoltà, la prima stagione non ottiene solo un successo di pubblico ma anche di critica, con una cascata di Emmy e Golden Globe.

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Il caso O.J.: di che cosa parla American Crime Story

Il 13 giugno 1994 il cadavere di Nicole Brown, ex moglie del giocatore di football O. J. Simpson, e quello del suo amico Ronald Lyle Goldman vengono ritrovati dalla polizia di Los Angeles nel ricco quartiere di Brentwood. Di questo omicidio, parecchio efferato, viene accusato proprio O. J. : ricco, famoso; una star dello sport, persino qualche particina a Hollywood. Il caso passa alla procuratrice Marcia Clark, figli e divorzi a carico, una carriera legale di tutto rispetto. Sua spalla diventa in breve tempo Christopher Darden, un giovane procuratore afroamericano. Dall’altra parte, dopo un rocambolesco tentativo di fuga sul famoso Bronco bianco, Simpson si affida a una squadra di principi del foro tra cui il quotatissimo Robert Shapiro; il carismatico Johnnie Cochran, specializzato nella difesa di afroamericani e attivista per i diritti black; F. Lee Bailey, Alan Dershowitz, Robert Kardashian (caro amico di O. J.).

 

«Nobody gets killed in Brentwood»​

 

Abbiamo un’arena, abbiamo due squadre in campo – di cui una, quella di Simpson, denominata dream team – e un arbitro, il giudice Lance A. Ito, che da subito ci pare piuttosto confuso. Nei primi episodi la vicenda O. J. ci viene presentata esattamente per come sarebbe dovuta andare se alle spalle della star non ci fosse stata una squadra di legali/storyteller: un crimine in un quartiere altolocato, con un ricco accusato difeso da avvocati che valgono milioni di dollari e, dall’altra parte, procuratori con stipendi da funzionari. La stagione 1 di American Crime Story vive di scontri, di fazioni che si affrontano. La prima questione è rappresentata dal ceto: nel pilot From The Ashes Of Tragedy viene tratteggiata la vita da celebrità di O. J. a Brentwood, viene dettagliato il lusso in cui vive Shapiro e l’eccentricità di Cochran contro il rigore di Marcia Clark e il low profile di Chris Darden. Sono così lontani i mondi da cui provengono queste due parti che una domanda sorge spontanea dal pubblico: che ne sanno questi procuratori della vita delle star? Riusciranno a convincere il pubblico – sì, perché sin dalle prime puntate, tra l’attenzione dei media e la spettacolare fuga di O.J. nella 1x02 The Run of His Life, quel “The People” contro O. J. Simpson finisce per somigliare a una platea di spettatori – che il loro idolo è un assassino?

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La parabola di Marcia Clark

Marcia Clark è una delle protagoniste/antagoniste più complesse apparse di recente in una serie tv. Complice lo stesso pregiudizio che assale l'opinione pubblica, all’inizio la detestiamo: è troppo perfetta, non è abbastanza bella, non è mai simpatica. Ma, soprattutto se apparteniamo al genere femminile, in una manciata di puntate ci accorgeremo che in Marcia è ritratta la vera minoranza, la vera ghettizzazione: quella delle donne di potere negli ambienti maschili. Nell’episodio manifesto 1x06 Marcia, Marcia, Marcia (un discreto manuale di sceneggiatura, tra l’altro) la procuratrice affronta, come una vera eroina, ostacoli insopportabili: la vediamo adeguare il proprio aspetto fisico alle richieste maschili (perché una donna deve essere bella); la vediamo costretta a ridimensionare il suo ruolo di madre alle necessità della procura e del “caso del secolo”; la vediamo affrontare l’avidità degli ex mariti, lo scherno dei rivali avvocati, la mancanza di solidarietà dei colleghi. Fino alla prima sconfitta, che chiude la puntata e anticipa il finale di stagione.

 

«I had something, this thing in me that wanted vengeance»​

 

Unica spalla su cui appoggiarsi – letteralmente, come nella bellissima scena che chiude 1x06 – è Chris Darden. Ma anche lui, un uomo che nella vita non è pronto a combattere abbastanza, si rivela un compagno mancato. Il rapporto tra Marcia e Chris, dopo essere passato per l’antagonismo professionale, la complicità sentimentale, la fallace dinamica mentore-allievo, trova pace solo nella 1x10, The Verdict, il finale. Dopo aver chiuso tutte le questioni in sospeso e in seguito alla confessione/rivelazione di Marcia a Chris (che fa comprendere allo spettatore molte cose della psicologia di questa donna complicata), i due sconfitti possono finalmente trovare sollievo. Li lasciamo andare in una posa simile a quella che aveva chiuso la 1x06, ma stavolta in piedi, diretti verso il futuro.

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Razzismo, classismo e gli altri temi del caso OJ Simpson

Ma il vero scontro, ciò che rende quasi epica la prima stagione di American Crime Story, è tra i due rivali per eccellenza: Johnnie Cochran vs Christopher Darden. Due personaggi antitetici, uniti e divisi da una battaglia che non si capisce mai quanto sia vera e quanto montata ad arte: la questione razziale. Il processo a O. J. si giocava tra le due strategie dell’accusa e della difesa: i procuratori, convinti delle prove e dei testimoni, puntavano a convincere la giuria del carattere violento di Simpson e del suo passato di prevaricazioni alla ex moglie Nicole; gli avvocati, decisi a dimostrare che la star fosse una vittima, raccontavano la storia della polizia incompetente e razzista. La questione del colore della pelle di O. J. – che pure afferma nella 1x03 «I’m not black, I’m O.J.» – diventa l’espediente per la battaglia tra Johnnie e Chris sull’appartenenza al “popolo afroamericano”.

 

«I’d like to help bring you back into the community»​. - «Well, I never left»​ 

 

Il primo, ricco e agiato, è votato a dimostrare come i neri di Los Angeles siano costantemente in pericolo; il secondo, pacatamente inserito nella sua comunità, viene accusato di stare dalla parte dei bianchi. L’ingenuità di Darden e gli errori di Marcia sono costati all'accusa il processo del secolo, ma proprio dove i due hanno subito gli scacchi peggiori – il mistero del guanto che non calza; l’odiosa testimonianza del poliziotto razzista Mark Fuhrman – emergono le grandi contraddizioni di Johnnie Cochran. Un personaggio ambiguo: idealista e affascinante, sul quale pesa tuttavia un passato di accuse per violenze domestiche, una certa misoginia e nessuno scrupolo. Il dialogo finale tra Johnnie e Chris, che nella 1x10 chiude la rivalità tra i due, mostra finalmente i due avvocati senza armature e senza maschere (al contrario delle rispettive arringhe finali alla giuria): emerge così la complessità di essere un afroamericano in procura, ma anche un ricco avvocato black costantemente sotto i riflettori.

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