The Elephant man è il meno lynchiano tra i film del regista, ma è quello che lo ha portato alla ribalta dopo Eraserhead. Nel 2020 il capolavoro di David Lynch compie 40 anni: vi raccontiamo la sua storia
Eraserhead fu il primo lungometraggio di David Lynch: nato dopo cinque anni di produzione, senza sosta, cambiò completamente la vita artistica e personale del regista. Il film non ebbe grande successo e venne distribuito al cinema per lo più in notturna. Alla prima proiezione di mezzanotte, al Nuart di Los Angeles, assistette il produttore esecutivo di Mel Brooks, Stuart Cornfield, il quale rimase folgorato dal film al punto da chiamare Lynch a casa per chiedergli di girare The Elephant Man. Questo nonostante Mel Brooks avesse già in mente il regista per il film, Alan Parker; eppure Brooks diede piena fiducia a Cornfield e di conseguenza a Lynch. Anche davanti alla Paramount Pictures, che avrebbe distribuito poi il film.
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È stranissimo pensare che dopo un'opera come Eraserhead, Lynch si trovò in mano un progetto pieno di famosissimi attori britannici, distribuito da una major. Siccome non voleva metterci di nuovo anni per terminare le riprese di un suo film, prese la palla al balzo per poter lavorare con un budget maggiore e in tranquillità . In pre-produzione si ritrovò circondato da un gruppo ristretto di persone con il quale entrò subito in sintonia. Eraserhead non aveva avuto una grande accoglienza: quella di Mel Brooks fu l’unica offerta di lavoro che David Lynch ricevette. E la accettò subito.Â
The Elephant Man fu l’esordio della compagnia di produzione di Mel Brooks, la BrooksFilm. Mel non aveva mai visto Eraserhead e non sapeva chi fosse questo David Lynch, così chiese di essere accompagnato a una delle proiezioni notturne del film.
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Lynch era convinto che, dopo la visione, le sue probabilità di dirigere The Elephant Man sarebbero state nulle. Così si mise ad aspettare fuori dal cinema, in ansia, attendendo l’uscita di Brooks. Fuori da ogni aspettativa, Mel abbracciò David e gli disse «Sei un pazzo, ma mi piaci. Sei dei nostri!»​. E così David Lynch divenne ufficialmente il regista di The Elephant Man.
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La sceneggiatura derivava da un capitolo del libro di Frederick Treves, The Elephant Man and Other Reminiscences. Lo script fu completato da Christopher De Vore e Eric Bergen in collaborazione con Lynch stesso. Ma la prima stesura appariva troppo fedele alla vicenda originale: Lynch, in corso d’opera, apportò allora modifiche e aggiunse nuove scene, come l’iconico prologo e l’epilogo. Questi non erano previsti in sceneggiatura e non furono mai molto amati dalla major, ma fortemente voluti da Mel Brooks, come tutti gli episodi onirici che troviamo nella pellicola, vera impronta lynchiana del film.Â
Per un giovane regista esordiente che veniva dal Montana, trovarsi a Londra a dirigere attori del livello di Sir John Gielgud e Anthony Hopkins non fu per nulla facile. Lynch ha dichiarato che non c’è stata una sola volta in cui non fosse agitato sul set. Lavorava con alcuni dei migliori attori in circolazione, ma loro non sapevano nulla di lui. Li doveva conquistare, assicurarsi il loro rispetto. Fu un’esperienza sconvolgente, di certo diversa dal dirigere l'amico Jack Nance in Eraserhead, che permise a Lynch di maturare artisticamente. The Elephant Man ha rappresentato per lui il film della svolta, con otto nomination agli Oscar. Fu proprio questo film che portò il produttore Dino De Laurentiis a pensare a David Lynch per dirigere Dune. Ma questa è un’altra storia.
A settembre 2020 The Elephant Man torna in sala in occasione del suo 40esimo anniversario, in versione restaurata in 4k, curata da StudioCanal con la collaborazione di L’Immagine Ritrovata e distribuito dalla Cineteca di Bologna. Il restauro è stata supervisionato dallo stesso Lynch, il quale ha dichiarato che questa nuova versione esalta le atmosfere di Freddie Francis, direttore della fotografia del film, dando nuova forza allo sguardo.Â