Di tutti i generi esistenti, l’horror è di gran lunga quello più malleabile. Qualsiasi idea può essere declinata in chiave horror: dalla tradizione popolare (La maschera del Demonio) alle fiabe per bambini (Gretel & Hansel), dalle tragedie letterarie (Tromeo & Juliet) agli archetipi supereroistici (Brightburn – L’angelo del male); l’horror sa persino farsi veicolo di spaccati politici (Essi Vivono), denunce sociali (Scappa - Get Out) e avvertimenti per le nuove generazioni (Megan is missing).
E poi l’horror non ha una stagione: da Halloween a Non aprite prima di Natale, da Leprechaun a Mother's Day, da Easter Bunny, Kill! Kill! fino a Compleanno di sangue. Ma c’è anche la raccolta di corti Holidays.
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In ottica horror, anche una festività innocua che celebra l’amore e i sentimenti positivi può trasformarsi in una cosa spaventosa. Come Il giorno di San Valentino.
Nel 1981 lo slasher non era ancora quel genere spremuto fino allo sfinimento che è adesso, ma stava vivendo il proprio momento di gloria. Il regista ungherese (naturalizzato canadese) George Mihalka per il suo secondo lungometraggio ha l’intuizione di lasciarsi alle spalle i campeggi e i laghi cristallini e donare alla storia uno dei contesti più originali del panorama slasher, non solo dell’epoca.
Perché, d’altra parte, le regole del genere da rispettare sono rigidissime - un gruppo di ragazzi idioti fatti fuori da un assassino mosso da un movente più o meno labile – perciò i soli spazi di manovra per cercare qualcosa di originale sono il contesto e la fantasia degli omicidi. E Il giorno di San Valentino si piazza tra quelli con il più alto tasso di originalità , al punto da essere stato definito da Quentin Tarantino come «il miglior slasher-movie di tutti i tempi».
Valentine Bluffs è un sonnolento paesino minerario canadese. Il 14 febbraio, in seguito a una fuga di gas e a un po’ di negligenza, un gruppo di minatori rimane intrappolato nei tunnel: muoiono tutti, eccetto uno, Harry Warden, il quale giura ai suoi concittadini che chiunque avesse mai più festeggiato San Valentino, sarebbe morto per mano sua.
A vent’anni dalla tragedia, un gruppo di ragazzi decide comunque di dare un party per festeggiare San Valentino. Nonostante gli avvertimenti.
Ora, al di là del fatto che da quando San Valentino è una festa d’aggregazione con balli e invitati? Però siamo nella provincia canadese, sperduta tra neve e natura, quindi ci sta anche che ogni scusa sia buona per festeggiare e svagarsi un po'.
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La genialità de Il giorno di San Valentino sta in tanti piccoli dettagli.
La sapienza di sfruttare a dovere la sola location è interessante oppure l’idea di trasformare bigliettini d’amore da Bacio Perugina in poetiche minacce di morte: «Roses are red, violets are blue, one is dead and so are you». Come anche recapitare una scatola a forma di cuore con all’interno un cuore umano divelto e grondante sangue.
Poi c’è l’assassino, altra nota fondamentale dello slasher: un tizio vestito con tuta da minatore nera, maschera antigas, respiro alla Darth Vader e piccone alla mano, con cui trafiggere i cuori delle sue vittime come un novello Cupido. Il body count è alto, ben 12 uccisioni, e all’uscita il film viene pesantemente censurato. La versione più diffusa dura i canonici 90 minuti, ma esiste una director's cut che ne aggiunge 3. Il regista sostiene che il montaggio iniziale fosse di 99, ma quella versione è andata perduta e non la vedremo mai.
Il giorno di San Valentino gronda comunque sangue, uccisioni e trovate divertenti, il tutto avvolto dallo squisito profumo di vhs anni '80. Un gioiellino da riscoprire, qualcosa di un po' diverso da vedere durante la festa degli innamorati.
Genere: horror
Titolo originale: My Bloody Valentine
Paese, Anno: Canada, 1981
Regia: George Mihalka
Sceneggiatura: John Beaird
Fotografia: Rodney Gibbons
Montaggio: Gérald Vansier, Rit Wallis
Colonna sonora: Paul Zaza
Produzione: Canadian Film Development Corporation (CFDC), Famous Players, Secret Films
Distribuzione: Paramount Home Entertainment
Durata: 87 min