Un prodotto come La legge di Lidia Poët mancava nel panorama delle serie tv italiane: un giallo in costume con una protagonista della storia italiana.
Una serie - o fiction se vogliamo usare un termine molto più “italiano” - che sulla tv generalista non avremmo visto mai e che invece serviva per rendere la serialità italiana molto più aggiornata e internazionale. Per fortuna a darci un po' di soddisfazione c'à Netflix: La legge di Lidia Poët, la nuova serie italiana sulla piattaforma ci fa ben sperare sul futuro della tv italiana e sulle tante storie che ancora si possono fare se solo ci si aggiorna e si presta attenzione ai contenuti.

Di che cosa parla La legge di Lidia Poët
Lidia Poët (Matilda de Angelis) è una giovane donna indipendente e intrepida, unica donna a Torino a essere iscritta all’albo degli avvocati della città. Lavora ai suoi casi con intelligenza e bravura finché non viene cancellata dall’albo senza motivo apparente se non quello di essere una donna. Ciò la porterà a rinunciare alla sua indipendenza per tornare a vivere con il fratello Enrico (Pier Luigi Pasino), anche lui avvocato, in famiglia.
In casa con loro vive anche Jacopo (Edoardo Scarpetta), fratello della moglie del fratello di Lidia e giornalista della Gazzetta Piemontese. Jacopo è subito attratto da Lidia, ma la dovrà “dividere” con l’amante di lei Andrea (Dario Aita), un commerciante d’arte. Nel frattempo Lidia continua a indagare sui casi insieme al fratello, mentre attende il verdetto del ricorso per poter tornare ad esercitare.

Un po' Bridgerton e un po' Enola Holmes
La serie tv è divisa in 6 episodi, ognuno dei quali dedicato a un casi e un caso, mentre la trama centrale collega le varie puntate fino alla risoluzione finale. È facile trovare in questa serie somiglianze con alcuni prodotti Netflix internazionali che ci hanno tenuto compagnia in questi ultimi mesi. La prima serie che viene in mente è sicuramente Bridgerton, vista la libertà che La legge di Lidia Poët si prende nel narrare l'erotismo così come il rapporto di "amore litigarello" tra Jacopo e Lidia (non vi ricorda la storia di Anthony e Kate?).
La trama di detection, invece, avvicina la nostra Lidia alla Enola Holmes di Millie Bobby Brown: la protagonista vive in ombra del fratello, ma è molto più intelligente e impulsiva nell'affrontare i casi.
La Legge di Lidia Poët tra romanticismo e azione
È proprio il mix di romanticismo, ironia, emancipazione e suspance, la formula vincente di La Legge di Lidia Poët: la serie è puro intrattenimento, anche se leggero, ma offre una prova di come le serie tv italiane abbiano finalmente trovato solidità al pari di quelle internazionali. C'è ambizione nel voler sfidare i generi all'interno di una serie dal gusto storico e in costume, due caratteristiche che - a casa nostra - rendono le trame intoccabili.

È un piacere vedere come, lasciando da parte la recitazione didascalica che da sempre caratterizza i prodotti italiani e li rende spesso di scarsa qualità, si possa ottenere un prodotto davvero interessante con interpreti giovani e brillanti: Matilda de Angelis ed Edoardo Scarpetta non ci fanno rimpiangere altri interpreti internazionali.
Matteo Rovere, alla regia della serie, si conferma una delle promesse italiane, capace di guidare storie sempre nuove e originali con una direzione fresca lontana dagli stereotipi.

Se proprio vogliamo trovare un difetto a questa serie è la facilità dei vari casi che si susseguono di episodio in episodio: poche le persone coinvolte, indizi facilmente ritrovati, ricostruzioni ovvie. Ma anche questi casi, fin troppo semplici, riescono a passare un messaggio: sono tutte storie di femminismo, lotte al patriarcato o alla libertà mancata delle donne. Persino in una città come Torino che, all'epoca, era all’avanguardia.
Una leggerezza, quindi, che nasconde ideali molto importanti e profondi. Una leggerezza che si adatta al tono della serie e che, quindi, è un difetto che possiamo anche concederle. Alla fine, la trama che ci interessa di più è proprio la storia di Lidia.

Chi era Lidia Poët, la protagonista della serie Netflix
Lidia Poët è veramente esistita. Ovviamente quella che vediamo sullo schermo è una versione romanzata della veria storia, ma nella serie ne troviamo alcune tracce. Lidia Poët è la prima avvocata d’Italia ma, proprio come nello show, prima di esercitare a tutti gli effetti la professione ha dovuto battersi contro una società di uomini che non accettava che una femmina potesse far un lavoro così prestigioso.
Anche la vera Lidia si è vista revocare l’iscrizione all’albo, per poi trovarsi a fare da assistente al fratello. Nella vera sentenza della Corte d’Appello si legge che «la donna non può esercitare l’avvocatura» e si parla di «diversità naturali» insormontabili per cui le donne sono escluse dall'esercizio degli uffici pubblici. Sempre secondo la Corte, «condizioni nelle quali essa la donna può trovarsi per natura le potrebbero impedire di sopportare enormi carichi di lavoro», e sostiene che «nella razza umana, esistono diversità e disuguaglianze naturali» tali per cui «non si può chiedere al legislatore di rimuovere anche le differenze naturali insite nel genere umano». Si legge perfino che la parola "avvocata" non è prevista dalla legge e quindi non si possono fare eccezioni: i legali possono essere solo uomini. Il che ci fa anche pensare anche all’importanza di un aggiornamento di terminologie della lingua italiana.

Insomma per quanto leggera e di intrattenimento, La Legge di Lidia Poët ha il pregio di farci scoprire una storia italiana di femminismo ed emancipazione, facendoci conoscere una donna che ha lottato per i diritti di tutte.