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Ritorno a Seoul (2022), la recensione del film di Davy Chou: un viaggio alla scoperta del male di vivere

22/08/2023 16:26

Rita Ricucci

Recensione Film, Festival, Festival di Cannes, Davy Chou, Corea del Sud, Park Ji-Min,

Ritorno a Seoul (2022), la recensione del film di Davy Chou: un viaggio alla scoperta del male di vivere

Ritorno a Seoul è un viaggio atipico: per la protagonista, Freddie, il ritorno è alle origini di sé, alla scoperta del suo male di vivere.

Ritorno a Seoul è il film di Davy Chou, presentato a Cannes 2022 con il quale si aggiudica la candidatura al premio Un Certain Regard. Dopo Diamond Island del 2016, ambientato in Cambogia con attori non professionisti, il regista franco- cambogiano torna sullo schermo con un film drammatico dal sapore esistenzialista. 

 

Ritorno a Seoul è un viaggio atipico: per la protagonista, Freddie, il ritorno è alle origini di sé, alla scoperta del suo male di vivere. 

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Freddie è stata adottata a pochi mesi da due coniugi francesi. All’età di 25 anni, sta per partire per il Giappone quando il volo viene annullato: decide così, senza avvisare nessuno, di prendere il volo per Seoul, la città nella quale è nata. Nell’hotel della sua permanenza, Tena, la concierge, diventa la sua interprete quando decide di rivolgersi all’istituto Hammond che si occupa di adozioni internazionali e cercare i suoi genitori biologici. 

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Al primo telegramma di avviso, risponde il padre, un uomo semplice, propenso all’alcol per convivere con il suo senso di colpa, mentre della madre nessuna notizia.

Tratto dalla storia autobiografica della coreana Laure Badufle, amica e co-sceneggiatrice del regista, Ritorno a Seoul è un film fatto di emozioni radicali, estreme come la protagonista Freddie (Park Ji-Min) esprime con grande tenacia e perseveranza. 

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Seoul è molto distante dalle abitudini di Freddie, europea a tutti gli effetti. La sua è una stravaganza aliena per un paese, quello della Corea del Sud in cui ci sono gesti simbolici: dall’offrire un pezzo di contorno nel piatto dell’ospite in segno di considerazione e ammirazione, al versare il soju al proprio compagno di bevuta in segno di rispetto e di amicizia. 

 

Freddie trasgredisce con ostentata leggerezza ogni consuetudine in segno della sua “estraniazione”. Per questo, l'agitazione diventa inquietudine indomabile quando uno dei ragazzi appena conosciuti guardandola, le rivolge uno strano complimento: «il tuo viso è molto coreano. Ricorda una femminilità ancentrale». Nel corpo di Freddie esplodono rabbia e dolore, silenti da anni.  

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La novità narrativa di Davy Chou sta nell’aver costruito l’evoluzione emotiva di Freddie, negli oltre 7 anni di permanenza a Seoul, attraverso la musica.

 

Infatti, è un brano melodico ascoltato negli auricolari di Tena che segna l’inizio del Ritorno a Seoul; poi, è una musica techno quella che fa muovere Freddie in un ritmo sincopato e forsennato per negare la sua appartenenza a un Paese che non l’ha voluta e l’ha abbandonata a un nuovo destino. 

Davy Chou è determinato nelle riprese strette: non indugia sui primissimi piani del volto, degli occhi, della fronte di Freddie. La macchina da presa è spietata quando incalza sul corpo di Freddie che si muove nella ripetizione ossessiva della musica: le braccia si alzano con forza; la testa spinge l’aria con violenza; capelli lunghi e arruffati coprono l’obiettivo. Perché Freddie è il caos e Seoul è la possibilità di ordine, almeno di un nuovo ordine.

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La fotografia di Thomas Favel è carica di colori scuri, neri come le labbra e gli occhi di Freddie. È una fotografia asfissiante che non lascia trapelare nessuna ombra di tenerezza, la stessa che manca anche quando la sorella del padre tenta, con un semplice inglese, di raccontare la contrizione del fratello. 

 

La luce che raggiunge lo schermo è quella flebile dei vicoli di Seoul, delle strade quasi deserte, di un cielo grigio mentre pioviggina. Neppure il mare dove Freddie incontra il padre ha il sapore dell’azzurro marino: è come un piccolo trancio di un nobile pescato che resta senza contorni appetitosi.  

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Ritorno a Seoul è un film sincero sull’umanità alienata di una giovane donna che si perde prima di ritrovarsi e disegna la frammentarietà di un’identità estranea a sé stessa che manca del collante per eccellenza, l’amore.  Per questo non c’è mai un futuro per le relazioni di Freddie, cancellate con un semplice “schioccare delle dita”.

 

Ritorno a Seoul è un film fatto di passi rumorosi, compiuti negli anni, che Freddie compie fino a raggiungere il silenzio come rito propiziatorio a una nuova musica.


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Genere: drammatico

Titolo originale: Retour à Séoul

Paese, anno: Belgio/Cambogia, Corea del Sud/Francia/Germania, Qatar/Romania, 2022

Regia: Davy Chou

Sceneggiatura: Davy Chou

Fotografia: Thomas Favel

Montaggio: Dounia Sichov

Interpreti: Choi Cho-woo, Emeline Briffaud, Guka Han, Hur Ouk-Sook, Kim Sun-young, Louis-Do de Lencquesaing, Oh Kwang-rok, Park Ji-Min, Yoann Zimmer

Colonna sonora: Christophe Musset, Jérémie Arcache

Produzione: Aurora Films, Frakas Productions, Vandertastic Films

Distribuzione: I Wonder Pictures, Mubi

Durata: 119'

Data di uscita: 11/05/2023 



 

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