Un viaggio di formazione fantascientifico alla scoperta di sé stessi, della libertà, del mondo e delle persone che - nel bene e nel male - lo abitano. Detta così la trama di Povere Creature! (Poor Things) - il film di Yorgos Lanthimos vincitore del Leone d’Oro 2023 che arriva al cinema dal 25 gennaio - non sarebbe davvero nulla di sconvolgente.

Se non fosse che a compiere questo viaggio è Bella Baxter (Emma Stone), una giovane donna che, gettatasi nel fiume di Londra, viene riportata in vita, ma con il cervello del bambino che portava in grembo al momento del suicidio.
A renderlo possibile è lo scienziato Dr. Godwin Baxter (già, proprio “God") che ha il volto - pieno di cicatrici causate dal padre, il quale ha sperimentato per un’intera vita su di lui - di Willem Dafoe. In realtà, il dottore avrebbe la possibilità di riportare in vita direttamente la donna, ma non lo fa. E questo è il fulcro di tutto: lei ha scelto il suicidio, come modo per liberarsi dalla sua vita, e lui rispetta il suo volere.


Eppure, nei primi mesi di vita, sembra renderla prigioniera di una gabbia dorata: Bella è la sua creatura, una figlia a cui vieta di uscire dal cortile di casa e di cui osserva quotidianamente l’evoluzione insieme allo studente di medicina Max McCandless (Ramy Youssef), cui la promette in sposa. Bella, però, è affamata di conoscenza e l’incontro con l’avvocato latin-lover Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo) le darà l’opportunità di fare la valigia e partire alla scoperta del mondo, con la benedizione del suo God.
Nel momento in cui Bella si libera dalle catene, la pellicola - che fino a questo momento fa uso del bianco e nero - comincia a colorarsi: la donna è una vera e propria tela che, avventura dopo avventura, assorbe i colori che la circondano, provando e soprattuto “sperimentando” attraversando Londra, Lisbona, Alessandria d’Egitto e Parigi. Un passo alla volta, assistiamo al risveglio di Bella Baxter, sessuale prima e filosofico e politico, poi.

Angosciante, ma ironico e divertente allo stesso tempo, il film è un adattamento del romanzo omonimo di Alasdai Gray ed è ambientato nell’epoca vittoriana, con l’aggiunta di sapori steampunk e meravigliosi costumi del tardo Ottocento con un tocco contemporaneo, che mostrano la “crescita” di Bella Baxter arricchendosi di forme, dettagli e significati.
La fotografia, curata da Robbie Ryan, con l’uso di fisheye a formato rotondo e carrellate in profondità di campo, porta lo spettatore dentro il microcosmo creato da Lanthimos: colori saturati al massimo e fondali volutamente “finti” fanno pensare che Bella, in realtà, sia “costretta” dal suo creatore all’interno di un Truman Show d’altri tempi.
Ad accompagnare il viaggio è inoltre la colonna sonora originale composta da Jerskin Fendrix, che riesce a dare il giusto pathos ai momenti centrali del film e all’inizio delle nuove avventure di Bella.
Un po’ troppo esasperato il tema sessuale, su cui Lanthimos si concentra e che caratterizza, di fatto, ogni fase della vita di Bella Baxter; in particolare quella parigina in cui la donna sceglie di prostituirsi in una casa di piacere, con il rischio di ripetersi e di aggiungere carne al fuoco (è proprio il caso di dirlo) a un film che è già molto ricco di suo.


Ci troviamo di fronte davanti a un nuovo mostro di Frankenstein? Non del tutto, anzi, la visione è decisamente ribaltata.
Una magnifica Emma Stone dà vita a una Bella Baxter attraente, affascinante e seducente nella sua incredibile ingenuità: una neonata e poi bambina in un corpo già formato che impara a camminare (sghemba per gran parte della pellicola), a parlare, a scoprire il suo corpo, il sesso, i suoi sentimenti.
I mostri, a ben guardare, sono coloro che circondano Bella, che in un modo o in un altro cercano di toglierle la libertà, cui lei non è disposta a rinunciare per poter raggiungere il suo unico scopo: sperimentare ogni cosa, dal bello al male alla tristezza, per conoscere il mondo e “conquistarlo”.

Willem Dafoe, d’altra parte, è un «un dottor Frankenstein che crea un mostro di cui ci si innamora», ha detto lo stesso attore alla conferenza di presentazione del film.
Un “dio” ironico, sagace, ma molto umano, che - dopo le prime reticenze - dà alla sua amatissima creatura il libero arbitrio. «Ha scelto di darle una seconda possibilità e attraverso di lei, in un certo senso, sta dando una seconda vita anche a sé stesso», ha spiegato l'attore. È un personaggio che crede profondamente nella scienza e che non vede nulla di strano in ciò che fa, reputandolo invece generoso ed entusiasmante.


Definita una “favola femminista”, senz’altro mette al centro il punto di vista della donna in una società che tende a reprimerla, ma è allo stesso tempo una favola “umana” a tutto tondo, che ci insegna a guardare il mondo da una prospettiva nuova, senza pregiudizi, in nome dell’uguaglianza e dell’emancipazione. Resta giusto una domanda alla fine: le povere creature, per davvero, chi sono?

Titolo originale: Poor Things
Genere: drammatico, fantascienza
Paese, anno: USA/Regno Unito/Irlanda, 2023
Regia: Yorgos Lanthimos
Sceneggiatura: Tony McNamara
Soggetto: dal romanzo di Alasdair Gray
Fotografia: Robbie Ryan
Colonna sonora originale: Jerskin Fendri
Montaggio: Yorgos Mavropsaridis,
Interpreti: Emma Stone, Mark Ruffalo, Willem Dafoe, Ramy Youssef e Jerrod Carmichael
Scenografie: James Price, Shona Heath
Costumi: Holly Waddington
Produzione: Ed Guiney, Andrew Lowe, Yorgos Lanthimos, Emma Stone.
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
Durata: 141’