Tutti gli attori specializzati nelle arti marziali prima o poi invecchiano e devono provare a reinventarsi. Donnie Yen ormai ha più di sessant’anni, anche se si mantiene in ottima forma fisica: nonostante alcune sue apparizioni nei film hollywoodiani (Rogue One: A Star Wars Story e John Wick: Chapter 4), tra gli appassionati di cinema orientale è tutt'ora conosciuto soprattutto per avere interpretato, dal 2008 al 2019, l'insegnante cinese di arti marziali Yip Man in quattro film della saga di Ip Man, ispirati alla biografia del maestro di Bruce Lee. Quel ruolo ha affinato la sua abilità di rappresentare personaggi carismatici ma profondamente umani, capaci di fare fisicamente del male ma più desiderosi di fare moralmente del bene.
Una descrizione che calza bene anche a Fok Chi-ho, il poliziotto di The Prosecutor (di cui Yen è anche regista oltreché protagonista). Svolge un lavoro pericoloso ma soprattutto fisicamente gravoso, percepito come inutile ogni volta che un arrestato non viene successivamente condannato. Perciò decide di cambiare funzione all'interno del sistema giudiziario di Hong Kong: dopo anni di studio diventa un prosecutor, che durante i processi, nel sistema giuridico anglosassone detto common law (mantenuto anche dopo il ritorno sotto la sovranità cinese), ha le funzioni di pubblico ministero.

Di che cosa parla The Prosecutor
Esattamente come quando il suo compito era arrestare i criminali nelle strade, anche nelle aule di tribunale si deve occupare del contrasto al traffico di droga. Con la cocciutaggine di chi crede nella giustizia non volendo che venga ostacolata da formalismi o negligenza, va contro la volontà dei suoi superiori facendo riaprire un caso che ha coinvolto un ragazzo inconsapevole e imprudente, per cercare di incastrare invece i veri capi dei clan malavitosi.
Si potrebbe pensare, quindi, che Donnie Yen abbia deciso di abbracciare il genere del thriller legale e di affidare la sua recitazione più all’arguzia del ragionamento che alla rapidità di calci e pugni volanti. Niente di più sbagliato!

Sentendosi ancora un attore “fisico”, Yen ha imbastito varie scene d’azione alle quali non si è sottratto, come se la giustizia fosse più facile da ottenere faccia a faccia sulle strade anziché di fronte a un giudice nel chiuso di un'aula giudiziaria.
L’alternanza tra scazzottate palesemente violente e dibattimenti in cui l'aggressività trattenuta si inserisce in una cornice di precise regole di comportamento crea un ibrido inatteso che sposta continuamente il centro della narrazione, e l'interesse del protagonista, dalla legge della strada alla legge del tribunale.

The Prosecutor tra action e legal
I dibattimenti hanno una fotografia cupa come se non ci possa essere luce (e speranza) per chi ne è coinvolto, perciò è fuori dall'aula, spesso in modo violento, che si deve affermare la vera autorità morale. Yen ha messo nelle scene di azione tutta la sua consueta passione e competenza da celebrato coreografo: sebbene alcune sequenze in soggettiva poco riuscite sembrino scarti di un videogioco, altre hanno un notevole fascino scenografico, come il combattimento dentro i vagoni della metropolitana in corsa. Non inganna, quindi, l'immagine scelta per una delle locandine: Yen indossa sì la tipica parrucca da avvocato, ma mette bene in evidenza un pugno insanguinato che solleva la simbolica bilancia della giustizia, a far capire bene le sue bellicose intenzioni.


Non può mancare la celebrazione di un sistema giudiziario onesto che tuteli anche i più deboli e sappia ammettere i propri errori. Questo idealismo smaccato, che tante altre volte abbiamo visto nei film in cui sembra che a prevalere sia la giustizia (ricordando, però, che non sempre verità e giustizia coincidono, come ha messo bene in evidenza Clint Eastwood in Giurato numero 2) è forse l’elemento narrativo che può maggiormente causare disturbo. Donnie Yen, sostenitore del governo centrale cinese, già da tempo ha perso l’appoggio degli attivisti pro-democrazia di Hong Kong, ma il suo successo commerciale non ne è stato intaccato. Sarebbe ipocrita, però, ignorare che il suo film celebra quello stesso sistema giudiziario che è stato demolito dalle ingerenze cinesi e oggi non difende più né i diritti umani né la libertà di espressione.

Presentato in anteprima europea al Far East Film Festival, The Prosecutor entrerà prossimamente nel catalogo di Far East Channel, il canale tematico sul cinema dell’estremo oriente collegato direttamente al festival, disponibile su Prime Video.

Regia: Donnie Yen
Sceneggiatura: Edmond Wong Interpreti: Donnie Yen, Julian Cheung, Michael Hui, Francis Ng, MC Cheung, Tin-fu
Fotografia: Noah Wong
Montaggio: Li Ka-wing
Musica: Chui Chit-ho
Produzione: Maoyan Entertainment Huace Pictures, Mandarin Motion Pictures, Huace Pictures
Durata: 118'