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I Padroni della notte

29/03/2008 12:00

Daniela Silvestri

Recensione Film,

I Padroni della notte

Bobby Green gestisce con successo un leggendario locale di Brooklyn, El Caribe, centro di traffici poco leciti della mafia dell'Est...

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Bobby Green gestisce con successo un leggendario locale di Brooklyn, El Caribe, centro di traffici poco leciti della mafia dell'Est. Si è cambiato il cognome e tiene nascosto il suo legame con una famiglia di affermati poliziotti di New York. Joseph Grusinsky, fratello di Bobby, ha invece deciso di seguire, forse senza troppa convinzione, le orme paterne ed è appena fresco di promozione al grado di capitano. Per Bobby e la sua splendida fidanzata portoricana, ogni sera è una festa a base di droga, disco music e lusso; per Joseph feste in parrocchia, una moglie anonima e i rischi di un lavoro che finisce per portarlo proprio contro gli interessi dello stesso fratello. Due vite agli antipodi, due caratteri diversi ma entrambi segnati da un padre forte, che finiranno per scontrarsi e incontrarsi nel comune intento di vendetta, catarsi personale e un ritrovato spirito della famiglia.


Siamo sul finire degli anni ‘80, anni in cui impera la disco music, spopola il rock e il consumo di crak a New York è ai suoi massimi livelli. James Gray, dopo il successo di Little Odessa, torna con un poliziesco e ripropone, senza troppa inventiva, temi a sé cari: la mafia dell’est e la polizia. Sceglie un cast di tutto rispetto, la coppia Mark Wahlberg-Joaquin Phoenix, già protagonista in The Yards, il sempre ottimo Robert Duvall e la burrosa Eva Mendes. Al di là della classica struttura del poliziesco, incentrata sull’azione e sul cattivo da catturare, il film aspira ad essere una storia fortemente personale, e per buona parte della trama ci riesce anche bene. La contrapposizione tra i due fratelli è ben tratteggiata e, come spesso accade, tende a simpatizzare per il lato duro e ribelle della famiglia. Anche quando Bobby decide di cambiare rotta e collaborare, appare tutt’altro che un eroe. Ha paura, trema, tentenna e alla prima difficoltà chiede aiuto e cambia drasticamente e definitivamente il proprio destino. Ma questo lato umano e realistico dura poco. Ben presto prende il sopravvento la figura del poliziotto macho, il vero padrone della notte, come recita lo slogan dell’unità del NYPD che negli anni '80 si occupava dei crimini di strada e da cui trae spunto il titolo del film. Egli si trasforma nel super eroe e non teme di rinunciare a tutto pur di vendicare la propria famiglia, onorare la nazione e il suo orgoglio tradito, anche con azioni a dir poco illecite.


E così man mano emergono le debolezze di una trama che occhieggia a classici di tutto rispetto, a partire dal recente The Departed che ha valso la candidatura all’oscar allo stesso Whalberg, che propone personaggi stereotipati come la bella pupa del boss, l’amico arrivista, il patriarca così tanto legato alla propria famiglia da trarne tutti i possibili benefici e un finale prevedibile sin dal primo fotogramma. Nota positiva va alla cura nei dettagli nel ricreare le atmosfere della New York fine anni '80, a partire dalle foto di repertorio, e a una colonna sonora che dosa bene hits disco music e le musiche più austere del maestro polacco Wojciech Kilar (Dracula di Bram Stoker, Il Pianista, Ritratto di Signora).


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