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Saw - L'enigmista (2004), la recensione: il film che ha inventato il torture porn mainstream

27/04/2008 11:00

Ivan Zulberti

Recensione Film, Film Horror, James Wan, Saw,

Saw - L'enigmista (2004), la recensione: il film che ha inventato il torture porn mainstream

Una piacevole e originale sorpresa nell’ambito horror

Peccato. Giudizio. Contrappasso. E molto, molto sangue. No, non stiamo parlando della Divina Commedia e neppure di Seven. Saw - L’enigmista (con protagonisti Cary Elwes e Leigh Whannel) è un film estremamente coraggioso, crudo e non adatto a tutti, approdato nei cinema tra ondate di polemiche e accuse di portare sullo schermo tanta violenza fine a se stessa. Non fatevi ingannare. La pellicola in questione è infatti una piacevole ed originale sorpresa nell’ambito degli thriller/horror, panorama generalmente poco vario, popolato da belle ragazze in fuga e killer maniaci demotivati e deprimenti. L’enigmista è un personaggio diverso: degno erede di quel John Doe portato sullo schermo da David Fincher, l’enigmista non è un assassino nel senso comune del termine. Tecnicamente non ha mai ucciso nessuno, lui fa in modo che le sue vittime si uccidano da sole. Il suo scopo è insegnare ad amare la vita, a rendersi conto di quanto essa sia un bene prezioso e non vada sprecata. Certo lo scopo è nobile, un po’ meno lo sono forse i mezzi per ottenerlo.

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Il regista è il giovane James Wan, praticamente esordiente dietro la macchina da presa. La sua regia è pulita e funzionale, precisa e coinvolgente, anche se ogni tanto si lascia andare a ritmi da videoclip. Il film è gestito in modo intelligente ed originale fin dall’inizio (la cui sequenza rimane spiazzante e disturbante), procedendo per la vicenda vera e propria, sviluppata attraverso flashback rivelatori del passato dell’enigmista e dei segregati. I dialoghi non sono forse il punto forte del film ma i protagonisti regalano entrambi interpretazioni più che convincenti, contribuendo pienamente a creare un clima di disperazione e profonda tensione. In questo senso grande merito va anche alla fotografia, volutamente sgranata e inquietante, in grado di oscillare dall’oscurità più profonda, dove quasi niente è percettibile, ai toni abbaglianti di una luce abbacinante e raggelante. I toni sono accesi e aggressivi, il verde è il colore protagonista, perfetto nel creare l’atmosfera di claustrofobia. Il ritmo è decisamente serrato, le rivelazioni e i colpi di scena non mancano e anche la colonna sonora, martellante ed agghiacciante, contribuisce a creare una sensazione di disagio nello spettatore.

 

L’enigmista è un personaggio che non si dimentica; chissà che in futuro non entri a far parte della ristretta élite dei cattivi cinematografici che affollano l’immaginario collettivo. Un film che vi terrà incollati alla sedia a sudare freddo dall’inizio, a un finale da lasciare senza respiro.

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