Dopo la sua uscita negli Stati Uniti arriva anche in Italia Melancholia, il nuovo lavoro di Lars Von Trier che ha indignato il 64° Festival di Cannes. Ricorderanno in molti le polemiche nate durante la conferenza stampa di presentazione della pellicola in cui il regista danese aveva rilasciato delle dichiarazioni a favore di Hitler e contro gli ebrei (includendovi anche Susanne Bier). Allora fu sollevato un polverone, Von Trier nonostante le rettifiche, fu dichiarato “persona non gradita” al festival francese anche se il suo film è rimasto comunque in concorso e la protagonista Kirsten Dunst ha ricevuto il premio per la migliore interpretazione femminile. Lungi dal voler giustificare le sue parole è pur vero che chi lo ha seguito in passato sa benissimo quale concentrato di ironico e macabro cinismo sia Lars Von Trier. Ma si sa, Cannes è sempre stato rinomato per il suo snobismo bacchettone, figurarsi se stavolta la direzione poteva comportarsi diversamente. Dal canto suo il regista ha comunicato che non rilascerà più dichiarazioni dal momento che pare non riesca a farlo senza essere, anche giustamente, equivocato. Polemiche a parte, Melancholia conferma ancora una volta la genialità di un cineasta che è in grado di conferire originalità anche a un film sulla fine del mondo che, altro non è che esistenzialismo puro e espressione di un male di vivere che affligge la protagonista così come il suo creatore. Scritto inizialmente per Penelope Cruz e ispirato in qualche modo a Le serve, pièce del drammaturgo francese Jean Genet, Melancholia è la rappresentazione cinematografica dello stato depressivo di Von Trier che per sua stessa ammissione ha modellato su di lui il personaggio di Justine. La trama in sé appare concisa ruotando tutta intorno al rapporto conflittuale fra due sorelle, per l’appunto Justine (Kirsten Dunst) e Claire (Charlotte Gainsbourg), che reagiscono diversamente alla catastrofe imminente che si verificherà nel momento in cui la Terra entrerà in rotta di collisione con "Melancholia", un pianeta dieci volte più grande. Un'ouverture di musica e immagini alternantisi sulle note del Tristano e Isotta di Wagner aprono la pellicola mostrando dopo pochi minuti il finale. Lo spettatore viene dunque messo fin da subito al corrente di ciò che accadrà ma non per questo la curiosità e l’ansia di assistere al modo in cui i personaggi si comporteranno diminuiscono, anche perché la chiave di tutto, il fulcro del discorso trieriano sono proprio le persone. Seguono poi due capitoli, uno per ogni sorella. Da un lato Justine, avviluppata da un’angoscia infinita che nasce dalla ricerca di una verità raggiungibile solo spogliando cinicamente l’esistenza da ogni rituale, crogiolandosi in quello stato melanconico che coincide con un desiderio di morte. Dall’altro Claire, donna forte che ha da sempre assistito la sorella minore e ha cercato di tenere unite le redini di una famiglia distrutta. Quando è chiaro che Melancholia impatterà, per paradosso, l’unica a rimanere calma è Justine, colei che nuda si sdraia in riva al fiume esponendosi alla luce mistica del pianeta, e lo osserva con desiderio quasi sessuale, perché lei, la distruzione e la fine le brama. Non c’è nessun altro nell’universo di Von Trier, la vita è solo sulla Terra e quando Melancholia arriverà sarà la conclusione di tutto, sarà la liberazione definitiva. Il realismo della macchina a mano si mescola con un patinato romanticismo che crea un contrasto estetico straniante e affascinante al contempo. Il padre del Dogma materializza oniricamente le sensazioni di Justine, la mostra mentre arranca in abito nuziale trattenuta da fili grigi, mentre galleggia sul fiume novella Ofelia e sposa non in grado di rientrare nella normalità attraverso il rituale del matrimonio, ma estrae dalle sue dita anche fili d’argento che la connettono psichicamente con l’azzurro pianeta. Visionario, estremo, ridondante, dissacrante: checché se ne dica Von Trier si dimostra sempre personalità di grande spessore e Melancholia ne è la riprova: brutale e sentimentalmente malinconico, capace, infine, di illusioni favolistiche.