«Quello che faceva maggiormente paura era il fatto che il castello non stesse mai fermo in uno stesso posto: a volte la sua sagoma indistinta incombeva nera e tetra sulla brughiera a nord-ovest; altre, si innalzava sulle rocce ad est». Con queste parole Diane Wynne Jones, scrittrice recentemente scomparsa descriveva il maniero posto al centro del suo romanzo Il castello errante di Howl (edito in Italia da Kappa Edizioni a partire dal 2005). Affascinato dal contesto fiabesco descritto dalla Jones, Hayao Miyazaki, padre dello Studio Ghibli e maestro dell’animazione giapponese, decide di mettere il proprio stile poetico e magico al servizio del mago Howl. Sophie Hunter è una ragazzina come tante che lavora nel negozio di cappelli di famiglia a Market Chipping, nel paese di Ingary, luogo magico dove tutto sembra possibile. Saggia e razionale, Sophie si distingue dalla madre e dalla sorellina Lettie, affascinanti e vanesie creature. La sua vita ordinaria e logica subisce una svolta imprevedibile quando nel negozio in cui lavora entra la terribile Strega delle Lande, una matrona piena di vanità che, convinta di essere stata offesa, trasforma Sophie in un’arzilla vecchietta. Consapevole di non poter restare, Sophie inizia un lungo vagabondaggio nella brughiera, fino a che la sua peregrinazione non incrocia quella di un castello in perenne movimento, alimentato dal demone del fuoco Calcifer, abitato dal piccolo apprendista Michael e dal capriccioso mago Howl. Sullo sfondo di un mondo magico, devastato da lotte e guerre intestine, Sophie dovrà fare i conti con la sua interiorità, cercando di sopravvivere ai continui sbalzi d’umore del suo ospite. A tre anni di distanza dal capolavoro La città incantata, Hayao Miyazaki torna al cinema d’animazione con una storia antimilitarista e piena di sentimenti. Nel mondo di Howl la quiete pacifica viene bombardata da mostri meta-organici che ombreggiano il sole e tentano di distruggere qualsiasi tipo di speranza per la pace. Su questo sfondo, le avventure dei due protagonisti si dispiegano sotto forma di sogno adimensionale, come ritaglio felice in una realtà cupa. E proprio in questa bolla di serenità, Sophie trova la forza di studiare se stessa, consapevole di non poter affrontare la guerra fuori dal castello, se prima non riesce a placare i tumulti della sua anima. Ecco allora che la vecchia creata dall’incanto della strega delle lande, man mano che la storia avanza, si trasforma in una dolce ragazza dai capelli argentati. Man mano che Sophie prende consapevolezza di sé, delle proprie capacità e, soprattutto, dei propri sentimenti, è possibile – anche per lo spettatore – riuscire a vederla oltre il velo della magia e della cultura. Diventa possibile, in altre parole, riuscire a vedere Sophie con gli stessi occhi con cui la vede Howl. E nella componente mélo si deve ricercare il vero fulcro della narrazione. Sempre attento a descrivere i paesaggi e i personaggi, Miyazaki si sofferma soprattutto sul rapporto che lega i due protagonisti e sulla loro capacità di amarsi nonostante gli ostacoli che si frappongono fra di loro. La razionale Sophie, piena di insicurezze e di sogni, si arrende al carattere furbo e capriccioso del mago che, nonostante le apparenze, riesce a sacrificarsi per il suo paese e per la donna che ama. A differenza del libro della Jones, dove la componente fantastica aveva il sopravvento, il film di Miyazaki è un continuo inno all’amore sincero e puro, quello che lega non solo due amanti, ma anche gli amici. Quell’amore positivo che riesce a trovare del buono anche nei propri nemici. Il carattere ameno e onirico che caratterizza tutta l’avventura del castello errante, viene poi ulteriormente suggerito dalla delicata e affascinante colonna sonora di Joe Hisashi, che accompagna i fotogrammi in continui valzer pindarici che trascinano lo spettatore in una favola dai risvolti amari, ma indiscutibilmente affascinanti.